A proposito di guerra e di libera informazione

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Il regime russo si è sempre distinto per la repressione violenta della stampa. D’altra parte, tutti i Paesi autocratici sono naturalmente ostili a ogni sistema di contropoteri. E la libera informazione è uno dei più importanti ed efficaci.

Dall’inizio degli anni ’90, 50 giornalisti sono stati assassinati per la loro attività professionale in Russia: 30 giornalisti dal 1993 al 2000 e 20 giornalisti dal 2000. Il caso più eclatante è stato l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, colpita nell’atrio del suo condominio.

Con Putin (al potere dal 1999) la Russia ha subito un graduale processo di arretramento democratico. Epurazioni, incarcerazioni e uccisioni di oppositori politici, repressione della libertà di stampa e mancanza di elezioni libere e trasparenti sono all’ordine del giorno.

Reporter Without Borders (organizzazione non governativa e no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa) nel 2013 ha classificato la Russia al 148º posto – su 179 Paesi – nell’indice della libertà di stampa.

Nel 2015 Freedom House (una ONG che conduce attività di ricerca su democrazia, libertà politiche e diritti umani) ha rivelato che la Federazione Russa aveva ottenuto un punteggio di 83 (su 100), soprattutto a causa delle nuove leggi introdotte nel 2014, che avevano ulteriormente esteso il controllo statale sui mass media.

William Dunkerley, dell’American University di Mosca, sostiene che la genesi della libertà di stampa della Russia risiede nella disfunzione economica che caratterizza il settore.

L’ultimo atto violento per zittire l’informazione è la legge approvata pochi giorni fa per direttissima dalle due Camere del Parlamento. Legge che prevede condanne fino a 15 anni di carcere per cittadini russi e stranieri che diffondono “informazioni false sulle forze armate”. A causa di questo la Bbc, la Cbc, la Cnn, Bloomberg, la RAI ecc. hanno sospeso le attività dei loro corrispondenti e chiuso le sedi delle testate. Facebook e Twitter sono stati bloccati.

Secondo gli attivisti del gruppo OVD-info, sono più di 8.000, in 60 città, i manifestanti fermati dall’inizio delle operazioni militari in Ucraina. Di questi, 3.800 soltanto a Mosca, quasi 2.800 a San Pietroburgo. Per non parlare dei corpi dei militari uccisi che non vengono o restituiti alle madri perché i funerali “creerebbero il panico”.

Oggi, in Russia, i soli organi di stampa ammessi sono le riviste online degli oligarchi fanatici dell’impero e il sistema pubblico di siti e televisioni di propaganda che esaltano “l’operazione militare” del presidente.

C’è Il filosofo Aleksandr Dugin, sostenitore del grande impero russo, che esalta l’invasione di uno stato sovrano. Lo fa dal profilo VKontakte, il social network russo concorrente di Facebook.

Infine, nel 2013 Putin ha voluto Kiselyov a capo della nuova media company di stato Rossiya Segodnya: alla nuova società controllata dal governo fanno capo le due testate RT e Sputnik, messe al bando nei giorni scorsi dal consiglio dell’Unione europea perché accusate di diffondere informazioni false sulla guerra in Ucraina.

Giovanni Ierfone

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