Quirinale: Berlusconi più debole e Draghi avanza

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A quattro giorni dall’inizio delle votazioni, qualche elemento di chiarezza comincia a spuntare sull’orizzonte del Quirinale, ma le incognite e i nodi da sciogliere non mancano davvero. L’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” da Matteo Renzi il 17 gennaio e quelle diffuse il giorno dopo da Matteo Salvini hanno segnalato un netto indebolimento dell’ipotesi Berlusconi, già all’origine problematica.

Un contributo alla chiarezza potrebbe paradossalmente derivare – astuzia della ragione – anche dalla vicenda dei parlamentari e delegati regionali che risultassero positivi al virus; malgrado fosse ampiamente prevedibile, essa è stata affrontata dalla Presidenza della Camera in ritardo e con mano incerta ed ha assunto l’aspetto d’ uno sgradevole rompicapo.

D’altra parte, è ormai purtroppo evidente che il 2022 sarà un anno molto difficile. Al devastante connubio tra la pandemia e la corsa dell’inflazione si stanno aggiungendo tensioni internazionali sempre più inquietanti, mentre, in Europa, incalza l’esigenza di affrontare nuove regole per la finanza pubblica e la gestione del debito. Tutti temi scottanti, sui quali l’Italia dovrà inevitabilmente operare scelte precise, alle quali, sul piano interno, se ne aggiungono altre ugualmente impegnative. Un sistema giudiziario investito da polemiche inconsuete; un imponente Piano di Ripresa e Resilienza impostato ma da realizzare; lo spread che sale. Per citarne solo alcune.

L’aperto diniego espresso da Sergio Mattarella verso una simile prospettiva sarà probabilmente rispettato, salvo ripensamenti che sarebbero del tutto comprensibili nella situazione attuale. Se perciò si deciderà di individuare una personalità diversa, si può sperare che il campo si restringa a pochi eleggibili, fra i quali – come anche il “New York Times” di ieri ricorda – va posto in primo piano Mario Draghi. Una simile scelta non sarebbe priva di controindicazioni perché, di riflesso, renderebbe incerto il futuro del Governo e arduo individuare chi chiamare a presiederlo. Tuttavia, in un’ottica di medio periodo, essa avrebbe il vantaggio non secondario di ancorare l’Italia a scelte di fondo (Occidente, Europa, fiducia nei valori della Repubblica) molto precise.

Si tratta di indirizzi che, beninteso, sono condivisi da numerose altre personalità. Draghi, tuttavia, ispirando con fermezza a questa linea, ormai da quasi un anno, l’azione dell’Esecutivo ha dimostrato che ricondurre ad unità, nell’interesse nazionale, la spinta di forze diverse e, fra loro, spesso ostili, è impresa laboriosa ma realizzabile. Con risultati, va aggiunto, nel loro insieme – pur con qualche limite – positivi. Esprime perciò un valore aggiunto che, anche in una più elevata posizione istituzionale, potrebbe mettere a disposizione del Paese. E che sarebbe, oggi più che mai, sbagliato sottovalutare.

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