Fuoco amico da Tory su Boris Johnson per il ‘partygate’

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La popolarità di BoJo è in caduta libera e il costo della vita inizia ad avere pesantissimi effetti non solo sui cittadini ma anche sul business. Per i sondaggi  non è Johnson l’uomo giusto per attraversare questa crisi.

AGI – Il premier britannico Boris Johnson è sempre più sotto pressione per il cosiddetto ‘Partygate’. In un sondaggio di YouGov per Sky News, quasi la metà degli iscritti al partito conservatore preferirebbe avere a Downing Street l’attuale ministro dell’Economia, Rishi Sunak, e un terzo vorrebbe che Johnson si dimettesse.

Quattro su dieci pensano inoltre che l’attuale primo ministro stia facendo un pessimo lavoro e si tratta dell’opinione dei suoi stessi elettori. 

YouGov ha intervistato 1005 iscritti al partito conservatore fra il 30 dicembre e il 6 gennaio scorsi. I risultati mostrano che il formidabile supporto guadagnato da Boris Johnson durante l’ultima campagna elettorale e nel corso del primo anno a Downing Street, è decisamente scemato a favore di Sunak ma anche della ministra degli Esteri Liz Truss.

Il dato più interessante riguarda la fiducia che i conservatori hanno, oggi, nella possibilità per Johnson di vincere le prossime elezioni. Meno di un quarto degli intervistati pensa che l’attuale primo ministro farebbe meglio di Truss e solo il 16% pensa che farebbe meglio di Sunak. 

La popolarità di Johnson, già parecchio provata dai continui scandali ma soprattutto da un’inflazione galoppante, è dunque in caduta libera. Il costo della vita inizia ad avere pesantissimi effetti non solo sui cittadini ma anche sul business.

Era dal 2011 che l’inflazione non passava in un mese dal 4.2% di ottobre 2021 al 5.1% di novembre dello stesso anno. A questo si aggiunge la catena di approvvigionamento che va a singhiozzo a causa della Brexit e i prezzi record del carburante. 

Si prospetta per il Paese un inverno di lacrime e sangue e, dai sondaggi, pare che i britannici abbiano deciso che non è Johnson l’uomo giusto per attraversare questa crisi.

A questo si aggiunge la notizia che il suo segretario principale, Martin Reynolds, nel maggio del 2020, durante il primo e rigidissimo lockdown, ha invitato via email circa cento persone a una festa in giardino a Downing Street.

Secondo alcuni testimoni anche il primo ministro e sua moglie erano presenti all’evento. L’invito diceva: “Dopo quello che è stato un periodo incredibilmente impegnativo, abbiamo pensato che sarebbe carino goderci il bel tempo e bere qualche drink a insieme nel giardino di Downing Street”. E come da tradizione nelle feste inglesi, invitava anche a “portarsi la propria bottiglia di alcool preferito”.

Proprio quattro giorni prima, nello stesso giardino, Boris Johnson aveva incontrato alcuni familiari delle vittime di Covid e aveva ascoltato la storia commuovente di una giovane donna che raccontava come era morto il padre. “Ho fatto tutto il possibile per salvare tuo padre” le aveva detto, apparentemente sconsolato.

Dopo quattro giorni ospitava al numero 10 di Downing Street una festa illegale. A quel tempo la legge consentiva di vedere una persona per volta, solo all’aperto e a distanza di due metri. Qualsiasi incontro fra più di due persone era proibito, figurarsi una festa con cento potenziali invitati.

All’evento in realtà hanno poi partecipato una trentina di persone. In molti, dunque, non se la sono sentita di infrangere la legge, nonostante l’invito arrivasse dal segretario del primo ministro in persona.

Come era prevedibile, il nuovo ‘scoop’ ha provocato un’ulteriore escalation. L’idea che il primo ministro abbia violato così spudoratamente la legge che lui stesso ha imposto, per mesi, al resto dei cittadini, è difficile da mandare giù per l’opinione pubblica.

Oggi i laburisti hanno chiesto una seduta urgente del parlamento affinché Johnson riferisca sull’episodio ma il primo ministro non si è presentato e al suo posto ha mandato il ministro Michael Ellis. Intanto la polizia sta indagando sulle circostanze in cui è avvenuta la festa. 

Boris Johnson sembra politicamente accerchiato, ma la minaccia più consistente arriva dal fuoco amico dei suoi stessi compagni di partito.

 

 

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