Gli impossibili campanili di Gozzano a Betlemme

Arte, Cultura & Società

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Ve la ricordate “La notte santa”, la poesia di Guido Gozzano? Maria e Giuseppe che passavano da un albergo all’altro e non trovavano posto per riposare? “Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Il campanile scocca lentamente le sei…”.
 
Gli sposi chiedevano alloggio, ma ricevevano sempre un rifiuto.  Ovviamente nessuno avrà immaginato per una vita intera che nel vangelo si parli di campanili, ma quanti avranno invece immaginato per una vita intera che nel vangelo si parli degli alberghi dove non trovano alloggio Giuseppe e Maria?

Tutto basato su un equivoco, sulla traduzione sbagliata di una parola. Nel testo di Luca non esiste il termine “albergo”, anche se ancora si legge: “Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché per loro non c’era posto nell’albergo”.
 
Ma è un errore. Ecco che cosa scrive a riguardo don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura e Preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale: “La nascita di Gesù avviene in uno spazio che si poteva trovare all’interno delle abitazioni del tempo, scavate all’interno della roccia: l’«alloggio», in greco katalyma. È il termine che, tradotto erroneamente con la parola “albergo”, ha scatenato la fantasia più sfrenata… solo in contesto rurale quella stanza, collocata all’interno di un’abitazione scavata nella roccia, poteva essere anche lo spazio dove sistemare in alcune circostanze gli animali, e quindi ecco la mangiatoia…”.
 
Niente alberghi, quindi, a Betlemme. Gozzano, oltre agli impossibili campanili che scoccavano le ore, ce ne mise ben cinque di alberghi. Giuseppe e Maria, ospiti in casa di qualcuno, probabilmente un parente o un amico, si devono adattare poiché la casa è piccola, forse ci sono altri ospiti, c’è poco posto per loro in quell’alloggio, sono costretti a mettere il neonato nella mangiatoia.
 
Tutto qua. Questo si può dedurre dal testo di Luca. E sicuramente in quella casa non c’era freddo e tanto meno gelo, come recita un noto canto di Natale.

Renato Pierri

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