La Puglia al tempo dei Borboni.Un lungo e appassionato commento storico-politico del prof. Pietro Pepe

Puglia

Di

Giovanni Mercadante

Prof. Pietro Pepe

Il prof. Pietro Pepe, già Presidente del Consiglio Regione Puglia, è un appassionato di storia politica. La sua docenza presso l’Università Popolare per la Terza Età “L. Barnaba” è un anche un momento di riflessione sugli sviluppi socio-politico-economici che ha avuto il nostro Paese. Il testo che segue è un commento sulla strada che il Meridione in generale, e la Puglia hanno percorso dalla caduta del Regno dei Borbone ad oggi.

“La Puglia al tempo dei Borboni” (1734-1861).

Ho ritenuto di integrare il “Corso di Cultura Politica” con alcuni riferimenti storici sulla presenza dei “Borboni” nel Mezzogiorno e in Puglia. Nelle Regioni meridionali (Campania-Puglia-Calabria-Sicilia) c’è sempre stata attenzione ed interesse intorno all’antica famiglia reale francese dei “Borboni” per i 122 anni di governo e di storia. La Puglia fu contagiata dalla civiltà borbonica su tutto il suo territorio che si è espressa in termini di arti, di costume e di infrastrutture ed ha esercitato un ruolo incisivo all’interno dell’antico Regno delle due Sicilie.

Il nome dei “Borboni” appartiene ad un’antica famiglia reale francese e la sua dinastia regna dal 1700 in vari Stati europei. In Italia arrivarono nel 1734 quando Carlo di Borbone fu incoronato “Re Di Napoli” e dette vita alla Costituzione di un nuovo Stato che prese il nome del Regno delle due Sicilie; tra luci ed ombre vivrà il suo percorso storico sin al 1861, cioè sino all’Unità d’Italia con Francesco II, ultimo Re della dinastia borbonica. Nell’arco di tempo più che secolare dal 1734 al 1861, tranne il decennio napoleonico che va dal 1806 al 1815, la Puglia e il Mezzogiorno furono interessati da mutamenti profondi; a partire dalle crisi dell’egemonia sociale e politica sia della Chiesa che della Nobiltà, privati dei poteri e dei privilegi di cui avevano goduto da secoli.

Si affermarono figure e gruppi sociali di estrazione “borghese” come: amministratori dei feudi, massari, proprietari fondiari, mercanti, artigiani, più gli esponenti del mondo delle professioni e della burocrazia. Alcune signorie feudali furono rispettate, escluse quelle prive di eredi, che in assenza passavano nel patrimonio della Corona appunto solo per citare questo nome in Puglia sono tuttora riconoscibili alcuni complessi feudali più antichi come: quello “De Sangro” di San Severo; dei Guevara di Bovino; de Cattani a Sannicandro di Capitanata; dei Carafa ad Andria; degli Orsini a Gravina; degli Acquaviva di Conversano; dei Caracciolo a Martina; dei Filo  della Torre ad Altamura; dei Pignatelli a Belmonte, ricchi di costruzioni e di residenze nobiliari, realizzati dai titolari insigniti dei titoli di Principe, di Duca e di Barone; la figura di grande prestigio come l’Altamurano Luca de Samuele Cagnazzi molto influente nella società napoletana, tanto da consentire l’ammissione al conservatorio del piccolo Saverio Mercadante.

Non meno importante il riferimento al decennio napoleonico (1806-1815) espresso dai governi di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone cognato di Gioacchino Murat che vararono un numero infinito di norme, di leggi e di provvedimenti che contenevano riforme anche radicali che hanno, di fatto, accelerato la crisi della società dell’antico regime che significò l’abolizione delle feudalità, delle Dogane di Foggia, affiancando da subito il vasto territorio di oltre 300 mila ettari di pascolo e di seminatura, dal Tavoliere Pugliese, alla Murgia in Basilicata sino al Salento.

Si trattò di un vasto processo che ebbe il suo culmine con l’affermazione del governo e del modello di pubblica amministrazione di stampo napoleonico, che esprimeva il suo controllo in modo gerarchico, dal centro alla periferia; fu il tempo della crescita demografica e delle mobilità sociali specie nelle tre province storiche (Capitanata, Terra di Bari e Terra di Otranto). Si ebbe una forte espansione delle superfici coltivate e del seminato di Foggia, sulla Murgia barese, con i comuni di Altamura, di Gravina, di Poggiorsini, di Corato e di Spinazzola per la forte vocazione agricola. Migliora la forma “urbis” delle varie città sia sotto l’aspetto urbanistico che architettonico. Sorgono piazze, ville comunali, teatri, luoghi pubblici.

Viene varata la prima “Linea Ferroviaria Italiana” nel 1839 la Napoli-Portici. Negli anni dell’età borbonica si sviluppò un vivace movimento musicale, che ha visto la Puglia presente nelle scuole napoletane con un gran numero di musicisti; uno importante tra questi nativo ad Altamura è stato il grande maestro F.S. Mercadante, assieme ad altri che hanno frequentato i quattro conservatori napoleonici istituiti nella città di Napoli: i Poveri di Gesù Cristo; Santa Maria di Loreto; Sant’Onofrio a Capuana; Pietà dei Turchini.

Una lunga schiera di musicisti pugliesi ha frequentato i conservatori, e tra i maggiori e più conosciuti che è bene ricordare abbiamo i maestri: Leo; Sarro; Broschi; Aprile; Calatrava; Latilla; Logroscino; Piccinni; Milillo; Pasiello; Fago; Tritto; Fighera; Degiosa, e in particolare Mercadante che animarono con i loro capolavori i teatri musicali e il “genere artistico melodrammatico” con la loro musica e il loro canto.

La Puglia, grazie a loro è divenuta terra baciata del “melodrammatico divino”.

Si diffusero in tutto il territorio le bande musicali, che suonavano i brani musicali nelle strade cittadine. Si dette vita ad una ricca biblioteca musicale con 700 manoscritti che furono utilizzati nell’articolato sistema di educazione musicale. Si partì a quell’epoca con le bande dei “reggimenti militari” e si arrivò a quelle religiose e corali e poi a quelle civiche presenti nelle feste patronali.

Va segnalata che la ricca divulgazione musicale e teatrale spinse il Re Murat ad emettere nel 1811 il decreto per il controllo sugli spettacoli e sui teatri. Anche perché nessun teatro di provincia doveva superare per eccellenza il teatro di Stato il “San Carlo di Napoli”.

Non si possono dimenticare i canti e gli inni risorgimentali che hanno accompagnato e fatto la storia d’Italia e la sua Unità, che ebbe molti “muratori” da Garibaldi a Cavour a sua cugina Virginia Versasis Contessa di Castiglione che sedusse Napoleone III per favorire l’Unità d’Italia. In assoluto il più noto è l’inno del genovese “Goffredo Mameli”, scritto in occasione della sua partecipazione alla difesa della Repubblica Romana retta dal Triumvirato: (Mazzini, Armellini e Saffo) conosciuto da tutti con il titolo “Fratelli d’Italia”.

Sono altresì celebri a cantanti i brani sulla leggenda del Piave e sulla resistenza con la canzone “Bella Ciao”, nata nella Prima e nella Seconda guerra mondiale (1815-18) e (1940- 43) che ha fatto registrare una partecipazione emotiva dell’intero Popolo Italiano.

Prof. Pietro Pepe

Già Presidente del Consiglio regione Puglia

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