Intervista all’attrice Guia Zapponi

Cinema

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Guia Zapponi classe 1977, è una attrice, produttrice e regista milanese. Dopo gli studi teatrali fra la City Lit di Londra e la Scuola del Teatro Stabile di Genova, la vita di Guia si divide fra teatro, cinema e televisione sia sulla scena che dietro le quinte. Artista poliedrica e dal corpus artistico molto nutrito.

Dal 1995 interpreta ruoli principali in teatro tra cui Il postino di Neruda(regia di Memè Perlini), Giulietta e Romeo (regia di Nicolaj Karpov), Olga (regia di Maura Cosenza), La bisbetica domata (regia di Marco Cesobono), Il Rompiballe (regia di Andrea Brambilla), Posta prioritaria (regia di Sara Bertelà),  Tre voli (regia di S. Bertelà), Bash (regia di Marcello Cotugno), Don Chisciotte (regia di Maurizio Scaparro), Theatre Ouvert (progetto teatrale presso il Teatro Stabile di Torino, di Elisabetta Pozzi).

1 Chi sono i maestri del cinema italiano? Quali caratteristiche devono avere secondo lei?

Quando mi viene chiesto chi sono i maestri del cinema italiano mi vengono in mente i grandi del passato De Sica, Fellini, Antonioni, Rossellini e Monicelli. Sono maestri del cinema indiscusso, conosciuti in tutto il mondo.

È ovvio che poi ci sono delle persone, comunque, molto in gamba anche oggi e che si potrebbero chiamare maestri. Noi abbiamo avuto un grande cinema soprattutto di quegli anni. Quello è storia. Ascoltavo proprio l’intervista di un’altra attrice, Monica Vitti appunto, e lei diceva che in quei tempi spesso i registi non prendevano attori usciti dalle accademie, ma prendevano gente della strada.

L’attore era visto come un personaggio non comodo dentro un set. Per cui non solo erano dei maestri ma, in più avevano una grande creatività. Le caratteristiche che dovrebbero avere secondo me sicuramente creatività, la scrittura- perché il cinema parte per buona parte dalla scrittura- e una visione, cioè un immaginario.

E questi maestri le avevano. Io ti direi anche ai maestri di oggi. Anzi credo che oggi chiunque pensi di poter fare qualcosa nel cinema debba avere secondo me queste tre caratteristiche.

2 A proposito di maestri, ha lavorato con Pupi Avati, lo trova un cineasta più ruvido o sentimentale? Cosa ha imparato stando a contatto con lui?

Ci sono registi di grande calibro e Pupi Avati è uno di questi. La sua filmografia è abbastanza corposa. Il suo ultimo film, quello su Dante, secondo me è molto interessante. Con lui ho fatto “Una sconfinata giovinezza” un film su una malattia che però non ha avuto a mio avviso il giusto spazio.

Ogni tanto lui fa dei film, molto belli, molto difficili ma che magari posso non avere una grande risonanza. Ruvido o sentimentale? Io direi una via di mezzo.

La cosa che ho imparato da lui sicuramente il rapporto che ha con gli attori. È molto bravo ad istaurare il rapporto registra-attore. Ha usato persone che non erano attori e li ha trasformati in attori, ad esempio, la Ricciarelli. Tanti altri che magari avevano altre professioni.

O attori che venivano da tutt’altro cinema, magari, comico, commedia e lui li ha usati nel drammatico. È stato molto bravo da questo punto di vista: sa come parlare gli attori e li conosce. Una cosa che secondo me chiunque che fa cinema come regista dovrebbe tenerne conto.

Perché non è importante solo quale macchina da presa usi o quale luce o qual è il direttore della fotografia o come fai l’inquadratura, ma se tu non riesci ad avere una relazione, un rapporto con gli attori, in un certo modo, non riesci a tirar fuori da loro le emozioni, e se non riesci non puoi emozionare il pubblico.

È un po’ una catena. Essendo attrice, avendo fatto tanti set, non è solo tanto l’empatia, ma è sapere qual è lo strumento dell’attore, il proprio corpo la propria psicologia. Sapere come parlargli, cosa chiedergli, come chiederglielo.

Se sai come parlare e quali emozioni vuoi tirar fuori dall’attore questo cambia il film. Questo l’ho imparato da lui proprio guardandolo e osservandolo.

Non ho fatto mai un mese con lui. Sicuramente se fossi stata più tempo l’altra cosa che ho visto e che avrei imparato è che è un regista che sa tecnicamente cosa sta usando, sa il linguaggio cinematografico. Sa usare il linguaggio cinematografico e sa usare la tecnica. È una persona di grande talento. 

3 Cos’è è per lei il palcoscenico Guia? Un territorio neutrale dove si inventa l’uomo, il luogo ideale per essere se stessi, un modo per sfuggire al destino?

Per me il palcoscenico è un luogo in cui esprimersi, in cui attraverso i personaggi si riescono ad esprimere alcune potenzialità ed emozioni. Il teatro è un luogo di catarsi, nel senso che uno va a teatro per cercare di capire che cos’è la vita.

4 Il mondo visibile ed invisibile di toccano di più in teatro o al cinema? Ritiene che il teatro sia più veritiero del cinema, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto tecnico, la messa in scena, la recitazione, ecc?

Il teatro è visibile il cinema invisibile. Poi, ovviamente la cosa bella è che non tutto deve essere detto, cioè tu metti gli ingredienti e poi lasci anche spazio al pubblico.

Veritiero no, perché veritiero è soltanto il documentario, perché ciò che si vede è vero, forse nemmeno quello perché comunque è montato e quindi si fanno delle scelte, non si vede tutto.

In questa prospettiva nulla è veritiero, neanche il teatro e il cinema sono veritieri perché sono rielaborazioni della realtà. Se poi parliamo di autenticità allora può esserci in tutto. 

5 Guia è stata la regista del documentario Soul Travel, incentrato sul tema del viaggio. Cos’è per lei il viaggio? Perché ha scelto proprio Il vulcano Kilimanjaro?

Per me il viaggio è come un percorso interiore, per cui io lo vivo così: si può andare alla ricerca di qualcosa, oppure, avere voglia di un cambiamento, quindi intraprendere un viaggio per cambiare alcune cose o per spostarsi comunque da una realtà e vederla sotto un’altra prospettiva.

Il mio documentario inizia proprio con un testo filosofico, scritto da Massimo Cacciari nel quale si legge che ci possono essere tanti modi di viaggiare.

Ci può essere l’avventura e ci può essere anche soltanto andare a fare la spesa per dirti è una sorta di viaggio. Il viaggio che ho inteso in questo film è l’avventura e il cambiamento, quindi il percorso interiore. Avevo scelto due posti: uno era il Tibet e l’altro era la Tanzania. Purtroppo per via del Covid- perché comunque fortunatamente abbiamo potuto lavorare durante il COVID, il Tibet diventava complicato, proprio logisticamente, anche perché le frontiere erano chiuse.

La mia idea era comunque, come simbolo, di avere una montagna da scalare con trekking e il Kilimanjaro che era la seconda scelta, è stata quella che abbiamo scelto.

Se dovessi tornare indietro direi che è stata la scelta più adatta, soprattutto per quello che è successo durante il film, che ha potuto confermare il messaggio che io volevo mandare e cioè che non è importante la meta ma appunto il percorso e le persone con cui lo tu fai. Un po’ il parallelismo della vita: cioè non è importante arrivare a chissà quali successi o soldi.

Ognuno ha le sue mete, i suoi sogni… a volte per arrivare a quelle mete si perde una serie di cose e di bellezze che ti dà la vita tutti i giorni. Magari ecco le piccole cose o magari delle cose che puoi fare nel frattempo e che ti regalano comunque delle belle emozioni o belle sorprese. Ho riscoperto che stare insieme agli altri è bello e piacevole, umanamente ti fa sentire bene o utile. Ecco, il Covid ci ha permesso di capire questa cosa qua. Io volevo raccontare questa cosa.

La meta non è fondamentale, ma tutto il resto dentro questa vita sì: gli amori, le delusioni, le cose, i figli eccetera. Il viaggio sul Kilimanjaro è stata la stessa cosa. Tutti volevamo arrivare alla nostra cima-non era complicato arrivarci, perché ci arrivano tutti con una preparazione minima- ma c’è stato un incendio: il fumo ci ha bloccato, l’ultimo giorno, proprio sulla cima.

Questo ha confermato il mio messaggio iniziale abbiamo potuto ammirare tante bellezze, tante cose che ci hanno cambiato e hanno contribuito alla creazione di un bel gruppo.

6 Cosa pensa del cinema italiano?… E delle fiction? Ravvisa in chi fa teatro e cinema d’autore dei pregiudizi  verso queste ultime?

Mi ricordo quando facevo teatro e volevo fare fiction, non dovevo dire che facevo teatro. Ci sono sicuramente i compartimenti cinema, teatro e Fiction. Per me uno può fare tutto, se parliamo di attori. Sono linguaggi differenti, forse la fiction è quella che dà meno possibilità, magari oggi hai più possibilità di lavorare in un certo modo, ma quando io facevo tipo Gente di mare o Codice rosso era tutto molto veloce.

Ciak, scena uno, buona, avanti. Se fai teatro fai un mese di prove, magari ci stai su un po’ più di tempo. Io ti dico come attrice passerei da uno all’altro ancora senza problemi. Sono un po’ chiusi come mondi e non sono tanto interscambiabili. Con le serie televisive di oggi, forse c’è un po’ più di possibilità di questo interscambio.

Ti dico la verità, sono veramente molto positiva nel cinema italiano. Per me è un bel momento. Vedo autori molto interessanti, vedo registi che riescono comunque a fare dei film per cui sono molto fiduciosa. 

7 Qual è stato l’ultimo film che ha visto?

Io guardo tantissimo cinema, tantissima televisione, mi piace, amo il cinema. L’ultimo che ho visto è stato A Chiara. Poi la Famiglia Addams, ad Halloween, con mia figlia Ginevra che ha 11 anni. Poi ho visto anche Tenet di Christopher Nolan, poi ho visto Come dire di Lorenzo Virga, che aveva vinto il Leone d’oro. In tv ho visto Revolutionary road di Sam Mendes.

Diciamo che guardo veramente tantissimi film e tantissima televisione perché è anche un modo di studiare gli altri. Adesso voglio andare a vedere sicuramente Freaks out e quello di Sorrentino.

8 Regista- Attore è un sodalizio fondamentale per il successo del film. Eppure tra le due figure chi conquista una popolarità immediata è l’attore che sta sullo schermo rispetto al regista che sta dietro. Da cosa dipende a suo avviso? In più è lapalissiano che ci siano più registi uomini che donne. Perché? Quanto è stato difficile affermarsi rispetto a suoi colleghi uomini e in che tipo di ostacoli e preconcetti si è imbattuta ?

L’attore ci mette la faccia e quindi ha una popolarità Immediata, il regista ci mette il nome ma poi dipende anche da paese a paese. Da noi in Italia non so quanta gente esca per vedere un regista o un attore. In America, ad esempio, c’è chi va vedere un film di Nolan anche se molti non sanno che faccia abbia, altri invece scelgono il film perché c’è ad esempio Tom Cruise, Clooney o di Caprio, che sono mondialmente conosciuti.

L’attore tendenzialmente si promuove, si fa vedere anche perché è scelto in base alla sua immagine, corpo e fisicità. Il regista invece deve vendere ai produttori un suo contenuto. Purtroppo, sì ci sono più registi uomini che donne, come in tante professioni. Ci sono anni da convertire perché noi per tanti anni non abbiamo proprio lavorato come donne, partendo dall’Ottocento e avanti con i secoli. Mentre gli uomini hanno sempre lavorato, si sono create delle posizioni.

Noi ce le stiamo creando adesso e questo è una cosa su cui tipo la rai dovrebbe riflettere e di dare un pochino più di spazio a registe donne. Ad esempio, quando vado a parlare con i produttori sono tutti uomini, così come le reti sono tutti uomini. La mia idea, quindi, deve valere almeno il doppio rispetto quella dell’uomo, a mio avviso, devi essere molto brava.

Se una dovesse andare con il pancione e dicesse di voler fare un film probabilmente le riderebbero dietro. Se io da donna un giorno dovessi avere una produzione avviata e c’è una donna incita che lavora con me tendenzialmente troverei un modo o comunque spererei che lo stato ci supporti perché queste persone possano lavorare. Io ho lavorato fino quando ero all’ottavo mese e ti dico la verità la Mostra del cinema di Venezia me lo ha permesso e io ne sono stata felice.

A me piace lavorare. Noi per di più facciamo lavori per periodo. Io ho scelto per 3 anni quasi di lavorare e stare con mia figlia. Ma quella è stata una mia scelta ma dopo per rientrare ho fatto e sto facendo tanta fatica. Per di più sono una mamma single, per cui faccio tre volte la fatica che fanno gli altri però ti assicuro mi alzo la mattina e dico anche questa volta ce la faccio a fare questo film. E poi ci sono persone con cui collaboro che sono felici di collaborare con me.

Ero a Confindustria a Como per ritirare la rivista che fanno, Stefano Rudilosso mi ha fatto un articolo, è una persona stupenda con cui sono riuscita ad avere un rapporto piacevole, che mi sta aiutando e poi di un certo livello, una persona che vede te in quanto persona.

Ce ne sono tante, anche Giovanni Stilo, un ragazzo con cui sto scrivendo il film, Lucio Montecchio. Ci sono tanti uomini e poche donne che hanno ruoli importanti. Secondo me l’involuzione di marcia ci sarà e una questione cultura. Ci sarà da affermare i propri diritti con determinazione.

Ci sono molte registe donne brave. Anche attrici che stanno facendo film come registe, la Ferilli, la Golino che li fa già. Da questo punto di vista sono molto fiduciosa, perché se ci possono essere registi uomini ci possono essere anche registe. La cosa migliore è essere considerati essere umani qualsiasi sia il genere, la razza ecc.

I preconcetti in cui mi sono imbattuta sono tanti. Una donna deve sempre stare attenta a tante cose, perché si deve promuovere, deve essere piacente, ma dall’altra parte c’è la tua vita, le tue cose, le relazioni con chi vuoi tu. Sono fili molto labili. E’ successo mille volte anche a me di avere situazioni scomode per cui ho fatto un passo indietro. E ne ho fatti di passi indietro.  Non mi interessa né della fama né dei soldi se poi io mi guardo allo specchio e sono felice con me stessa quello che ho fatto va bene.

È faticoso come attrici, non è una cosa solo mia, l’abbiamo vista con il Me too e non è solo nel cinema ma ovunque dall’azienda, musica, qualsiasi cosa. Ognuno dentro ha i suoi valori e fa delle scelte. Quando hai la possibilità di scegliere è già una grande cosa.

Mai farti influenzare, il compromesso sono tutte schifezze e assolutamente non portano a niente. Questa è la mia opinione. Quando avevo 19 anni e sono andata a Roma questa roba qua era assurda e per fortuna al mio fianco avevo il mio ex compagno che credeva in me: mi disse che sarei diventata una brava attrice, di studiare e che il resto lo farà la vita.

Non entrare in certe spirali perché potresti pentirtene. Io l’ho seguito, per fortuna avevo lui. Una ragazza potrebbe anche perdersi. Invece a volte bisogna avere la forza di dire no. Uno studia, diventa bravo, fa un provino. Il teatro era un po’ più pulito, era tutta un’altra cosa.

Ho fatto lo stabile di Genova poi sono passata al cinema con una consapevolezza differente. Magari non sono diventata famosa a vent’anni ma non so neanche se certi escamotage possano portare alla fama, forse sì o forse no. Alla fine, ognuno fa i conti con se stesso e la cosa più importante è conoscere se stessi e fare ciò che è nella tua natura, ciò che ti dice la tua voce interiore in modo tale che tu vivi serena con te stessa. Io, Guia, non giudico e non mi interessa. Voglio essere una persona onesta, pulita e leale. Ho combattuto con le mie paure, con le mie fatiche. Ognuno fa un suo percorso, che è unico, ognuno ha il suo modo di crescere ed imparare le cose, di fare gli errori. Per noi donne sicuramente è più difficile.

Nella mia ultima relazione mi sono sentita dire ora cambi lavoro. Dopo tanta fatica io dovrei cambiare lavoro perché non posso essere artista. Al contrario tu ti fai la tua vita con chi vuoi e io continuo a coltivare la mia.

Infatti, ho fatto due film. Anche lì vuol dire che non eravamo compatibili, lo impari sulla tua pelle. Il prossimo spero che faccia qualcosa nel cinema, così almeno ci sono punti in comune. L’80% della mia vita è il mio lavoro perché leggo e studio. Quella è una parte importante e quindi devi condividerla con una persona che magari ha fatto un percorso simile oppure lo comprende. Ma se due persone si supportano in qualsiasi caso, lavorativo o sentimentale, è una bella relazione.

Tornando alla questione lavorativa, dico che ci sono molti produttori a credere nelle donne per cui si deve provare e se una strada non va bene chiuderla e intraprenderne un’altra. 

9 A cosa sta lavorando e quali sono i suoi progetti futuri? 

Sto lavorando ad una cosa stupenda secondo me. È il mio primo lungometraggio ed è la mia prima esperienza come regista in questo senso.

È una storia pazzesca che ho inventato e parla della relazione tra essere umano e piante. Anche su temi di attualità come ambiente e sostenibilità. Poi c’è una parte di invenzione perché non è scientificamente provato quello che andremmo a raccontare nel film. Si racconta partendo da un posto straniero: in Costa Rica e poi giriamo tutto a Milano e Como.

E’ un po’ un thriller, ci sarà all’inizio una bella scena di incendio e di uccisione per proseguire poi Italia. Il Film mi piace molto, ci sto lavorando da un po’ e dovremmo a dicembre finire la prima stesura della sceneggiatura e iniziare a lavorarci dall’anno prossimo.

Intervista di Melania Menditto, giornalista

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