A proposito di “genitore uno” e “genitore due”. Dedicato a chi ha perduto l’amato genitore

Arte, Cultura & Società

Di

L’Opinione di Roberto Chiavarini

Lo strazio supremo della nostra anima, a cui siamo sottoposti a causa della perdita dei nostri Genitori, ci mostra il rinnovarsi di un antico dolore, comune a tutta la Umanità, che si intreccia in un drammatico rituale, unico e muto, che si ripete nei secoli, financo con chi è vissuto in un mondo lontano, come gli eroi dei poemi greci, il cui “pianto”, un tempo, lo abbiamo studiato sui banchi di scuola. 

E tutti noi, fin dalla notte dei tempi, camminiamo insieme a loro, a chi ci ha preceduto su questa terra, contribuendo a scrivere la Storia Universale della Umanità. 

A tal proposito Papa Paolo Sesto, così sintetizzava questo concetto richiamando i fedeli alla riflessione sulla alternanza generazionale: “Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro”. 

Ma, ogni figura, pare isolata, nell’epilogo tremendo della morte. 

E a tenere in vita ogni singolo individuo, al di la “dell’oltre”, è la sua discendenza, il cui ricordo, si trasmette di padre in figlio e dai figli ai figli che verranno. 

Oggi, noi siamo la parte terminale dell’ultima generazione, in ogni ordine di tempo.

Finché i nostri genitori saranno vivi nella nostra memoria, ogni ricordo avrà una sua attualità, quantomeno riusciremo a dare un senso all’ineffabile ed inevitabile destino.

Ogni ricordo della nostra infanzia, resterà solo un dolce ricordo ed è come se non avessimo mai vissuto quei momenti passati.

Tutto diventa nebuloso, contenuto in uno spazio senza inizio e senza fine.

Ed ecco che, tra i ricordi, riemerge imperiosa la figura del nostro genitore, cristallizzata come se il suo percorso vitale si fosse fermato, come sospeso nel tempo, pur se isolato nella nostra disperazione, mentre i nostri pensieri si intrecciano in un unico e muto “assolo”.

Poi tutto svanirà con noi e ai posteri rimarrà una sintesi di vite ricapitolate, finché ve ne sarà il ricordo, che poi si disperderà nel tempo.

A questo proposito, voglio aiutarmi facendo un parallelismo con l’Arte.

Il nostro “passaggio fisico” su questa terra, è come una scultura di sabbia.

Inizialmente, appena terminata dal suo autore, quell’Opera, sarà “luccicante” per via dell’umidità resa dall’acqua del mare impastata con la sabbia, ed anche per via delle sue particelle infinitesimali, “gravide” di sale.

E tanto maggiore sarà l’indice di “riflessione” della illuminazione subita da quelle particelle cristallizzate, tanto maggiore sarà la “rifrazione” della loro luce vitale filtrata.

Una volta che quella Opera si sarà essiccata, logica conseguenza naturale dell’espandersi del calore, prodotto dai raggi di sole che innalzano la temperatura ambientale e dell’incedere del tempo che inesorabilmente scorre, al primo alito di vento, sgretolandosi, la Scultura di sabbia, ritornerà ad essere come polvere dispersa nell’aria, lasciando nella memoria di chi l’ha amata e venerata, solo un ricordo senza più alcuna forma.

Ripeto fino al parossismo: se solo penso alla gente che vorrebbe sostituire i sostantivi di Mamma e Papà, con genitore uno e genitore due, mi vengono i brividi. 

“…e poi si resta soli e…non si piange più…”

…salviamo l’istituzione familiare, prima che sia troppo tardi…sempre che non sia già troppo tardi.

ROBERTO CHIAVARINI

Opinionista di Arte e Politica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube