Il fascino dell’apprendere è strettamente correlato alla forza interiore del formare. E sviluppare conoscenze ed apprendimenti è un’azione storicamente e umanamente antica che rappresenta il presupposto del crescere, del divenire, del cambiare, del migliorare.
E i maestri, gli insegnanti, i professori, i mentori, i coach, i generatori di valore cognitivo, gli esperti e i facilitatori dei processi di apprendimento, in una parola, i formatori sono chiamati da secoli a coniugare mondi possibili e apparentemente impossibili, l’etica e l’estetica, la razionalità e le emozioni, la responsabilità e la libertà, l’impegno e il significato, la giustizia e la bellezza.
In tale ottica i formatori rappresentano una sintesi semantica linguistica e professionale che negli anni hanno declinato una delle attività più antiche della storia dell’umanità secondo logiche e ruoli differenti , sviluppando progressivamente nuovi territori cognitivi, metodologici e performativi e generando una comunità professionale che può intendersi tale solo se interpretata in modo qualificato seppure in una logica estensiva e diversificante.
Per formatori non si intendono, quindi, esclusivamente il trainer esperenziale, il docente d’aula, o il progettista di percorsi formativi tradizionali, ma anche tutti coloro che nei diversi contesti , in qualità, esemplificando, di coach, mentori, coordinatori, tutor o manager facilitano e generano, in modo efficace e professionale , l’acquisizione di nuove competenze.
L’essere esperti in processi di apprendimento comporta quindi una focalizzazione sull’Altro , sul destinatario dell’azione formativa, con le sue peculiarità, diversità, distintività; il che e pertanto richiede , responsabilmente ,. un allargamento della propria mappa cognitiva, un incremento della propria esperenzialità ma soprattutto un riconoscimento libero e rispettoso , seppure potenzialmente critico, delle sollecitazioni cognitive e metodologiche provenienti da altri contesti esperenziali.
La qualità del livello elaborativo della conoscenza dipende, infatti, anche dalla qualità delle contaminazioni positive che arrivano e quindi dalla sospensione di qualunque giudizio aprioristico, che, per comodità o per affettività cognitiva potremmo essere orientati a esprimere. La generazione di nuovi modelli nasce infatti frequentemente proprio dalla contaminazione, razionale o emotiva, di approcci ed esperienze già vissute nonché dalla competenza di saper coniugare , per uguaglianza o per differenze, concetti o modalità già applicati in precedenza e idonei a essere utilizzati , in modo creativamente funzionale , per affrontare nuove situazioni.
Di conseguenza, formatore competente sarà colui che tenderà a comprendere il maggior numero di fattori cognitivi , metodologici esperenziali ed emozionali , eticamente orientati al raggiungimento degli obbiettivi formativi prefigurati e condivisi e la competenza sarà quindi considerata l’insieme, eticamente combinato, di motivazioni, valori, tratti, atteggiamenti , conoscenze, capacità (tecniche, cognitive, logico-concettuali, relazionali, emozionali, percettive, comportamentali) e di qualsiasi altra caratteristica riconoscibile in maniera attendibile , che, messa in azione determini consapevolmente una performance efficace, verificabile e potenzialmente ripetibile. Una performance che, nel trascorrere del tempo, più sarà congruente e connessa con il nostro sistema di valori e di credenze , più sarà forte, generativa e potente.
L’Essere si esplica infatti con comportamenti e azioni che rispondono alle proprie convinzioni e ai propri principi valoriali e interviene nell’intensità e sulla condivisione massima dell’agire. . Una cosa è fare i formatori , i manager, i coach, un’altra cosa è essere formatori, manager, coach.
La differenza che fa la differenza è da individuare nella qualità soggettiva del “sentirsi” coinvolti sensorialmente, emozionalmente, mentalmente, volontariamente e appunto congruentemente, in una determinata identità . Anche in questa dimensione risulta evidente, tra i formatori, la differenza tra chi genera semplicemente, con competenza, determinate azioni di apprendimento e chi di questi apprendimenti ne rappresenta una manifestazione e un’essenza congruente. Una cosa è dimostrare l’applicazione di tecniche di leadership , di problem solving e decisione making un’altra è essere leader, problem solver, decision maker.
La differenza è determinata dalla naturalezza, dai tempi di reazione , dall’auto percezione dell’impegno, e dal dispendio di risorse dedicate, dalla coerenza con il proprio sistema valoriale , dal senso di appartenenza a una certa configurazione identificativa. Chi fa, agisce artificialmente un ruolo, anche con competenza ed efficacia; chi è , esprime la propria identità e i propri valori, naturalmente con questo ruolo.
Fai un lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno della tua vita, questo antico e diffusissimo aforisma confuciano rappresenta la sintesi della potenza di un atteggiamento congruente nello svolgimento della attività professionale , qualunque essa sia. Il principio dell’alterità rappresenta la prima delle dimensioni critiche ed evolutive per lo sviluppo consapevole di percorsi di apprendimento , un principio che il filosofo Emanuel Levinas ha sottolineato proprio per il riconoscimento della nostra identità, poiché noi siamo , esistiamo, in quanto differenti dall’Altro.ma è l’Altro con la sua identità , i suoi valori , la sua capacità che permette , per differenze e analogie, il nostro stesso riconoscimento.
Una seconda dimensione evolutiva della formazione è fortemente connessa con la creazione di uno stato di desiderabilità, ovvero di contesti che siano professionalmente , climaticamente ed emozionalmente attrattivi e stimolanti , facilitando la definizione sistematica di obiettivi personali e organizzativi congruenti e il più possibile condivisi. Parafrasando Gilles Pajou , riteniamo che la formazione debba contenere la capacità di creare mondi, non solo cognitivi, cui le persone desiderino appartenere , e quindi, nell’individuazione di stati desiderati e che la formazione debba assumere anche il fondamentale compito di fare emergere le risorse umane , possedute o richieste dal ruolo , orientando il soggetto a definire obiettivi rispondenti alla propria ecologia interna.
Una dimensione critica particolarmente richiesta ed utile per i gli esperti dei processi di apprendimento è connessa allo sviluppo della loro flessibilità , in ambito sia tecnico – professionale che relazionale , facendo acquisire alle persone coinvolte in processi organizzativi competenze di maggiore duttilità richieste dai ruoli ricoperti e dagli obiettivi predefiniti , in quanto diviene sempre più centrale l’affinamento delle metaconpetenze, cioè di quelle competenze strategiche che permettono di adattarsi e riadattarsi ai differenziati e mutevoli scenari competitivi ed economico professionali nonché alle dinamiche evolutive del proprio sistema ambientale e relazionale di riferimento acquisendo quindi una flessibilità generativa , in grado di orientare le proprie capacità e i propri comportamenti verso nuovi obiettivi di performance e di risultato.
In tal senso una particolare attenzione va rivolta anche alla riflessività, intesa come inclinazione e abitudine alla riflessione che è finalizzata a migliorare il proprio comportamento osservativo , di analisi e di sintesi delle dinamiche individuali e organizzative , potenziando la terza posizione percettiva della realtà, che aumenta la capacità di comprendere se sessi e gli altri nelle differenti condizioni ambientali , affinando altresì una modalità dissociata di leggere l’esperienza vissuta , una modalità quindi più riflessiva rispetto alla prima posizione percettiva vissuta.. Aristotele ci ha infatti insegnato che la riflessione si ha quando l’intelletto non solo conosce ma è consapevole , sa, di conoscere.
La riflessione propone all’intelletto quelle impressioni, immagini ed emozioni , che si sono avute empiricamente in modo immediato , originando così nuove idee e considerazioni e quindi una sorta di risonanza con la propria esperienza soggettiva , più o meno forte e incisiva, a seconda della sovrapposizione con la propria mappa esperenziale. Il formatore diviene pertanto un osservatore riflessivo , facilitatore e generatore di idee e di percorsi e, soprattutto di confronti cognitivi , attivati all’interno di una cornice comportamentale fortemente rispettosa delle diverse soggettività coinvolte nei processi di apprendimento .
Per i formatori quindi riflettere rappresenta il preambolo per generare sotto l’aspetto contenutistico , metodologico, relazionale ed emozionale. La sfida della generatività deve allora essere intesa , a maggior ragione per i formatori, come la capacità di sviluppare responsabilmente motivazioni e processi atti a creare , nei contesti in cui opera, maggiori energie di quelle avute a disposizione nella fase iniziale della propria esperienza. In tale ottica , si è generatori di valore cognitivo quando si è orientati a valorizzare la propria e l’altrui soggettività come paradigmi di relazioni , al fine di sviluppare nuovi saperi , nell’equilibrio tra memoria ed innovazione , tra conservazione e creatività , tra dissipazione e, appunto generatività. Diventa pertanto centrale realizzare circoli virtuosi di diffusione della conoscenza e della competenza , capaci di valorizzare le eccellenze , di integrare le diseguaglianze e di mediare le differenze.
Ma la dimensione generativa è fortemente correlata con il concetto di responsabilità in quanto generare e facilitare nuovi approcci cognitivi comporta , come afferma Manuel Cruz, farsi carico del risultato che ne conseguono. Pertanto per essere responsabilmente generatori di valore cognitivo, di evoluzione soggettiva, di anticipazione del cambiamento individuale e organizzativo , occorre sviluppare una forte autoconsapevolezza , ovvero quel self awarness , quella conoscenza approfondita del sé che dovrebbe rappresentare il presupposto per tutti coloro che si occupano di processi di apprendimento.
Per sentirsi ed essere effettivamente responsabili i formatori devono poter agire in uno stato di completa libertà e di equilibrio , dove un’azione libera prefigura uno stato di autonomia cognitiva e metodologica , sempre nel rispetto degli obiettivi condivisi in fase di patto formativo con il committente.
Libertà è autodeterminazione , è essenza autentica della Persona , è congruenza identitaria e, secondo tale ottica , diviene fondamentale costruire un contesto libero , individuale per tutti coloro che si occupano di processi di apprendimento, al fine di poter agire cognitivamente senza vincoli gerarchici, aziendali o corporativi. In tal senso i formatori interni alle organizzazioni , siano esse pubbliche o private , sono comprensibilmente condizionabili da logiche che rispondono alla fidelizzazione di comportamenti allineati alle politiche aziendali. Atteggiamenti comprensibili e legittimi che, se non completamente condivisi dalle mappe valoriali dei formatori , possono tuttavia depauperarne l’autonomia d’azione e, soprattutto incrinarne la congruenza agita e percepita.
In questa relazione tra la dimensione cognitiva del Sapere, del Potere, della Responsabilità e della Libertà, ha fatto il suo ingresso , con dirompente diffusione il concetto di rete , che presuppone la logica dell’interscambio informativo, mutevolmente generativo, orizzontale, trasparente , circolare, elastico e multiforme. . La rete anche nella declinazione multimediale, riflette una concezione molto decentrata del potere , che si articola in modo dispersivo tra gruppi e movimenti in perenne trasformazione e interazione.
(segue 2° parte)
Giacomo Marcario
Comitato di Redazione de Il Corriere Nazionale
Già Presidente dell’AIF – Associazione Italiana Formatori della Puglia e Consigliere Nazionale dell’AIF
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