Il COVID 19 in Italia batte ancora una volta la ritirata, merito dei vaccini? Merito delle stagioni (di quella calda nostra, in Sud America c’è l’inverno e le cose si mettono male benché ad esempio il tasso di vaccinazione in Cile sia uno dei più alti al mondo https://www.ilfattoquotidiano.
La domanda alla luce delle vicende virali cilene non è banale, a fronte di una infezione virale tanto nuova e pericolosa, quanto equivoca e fragile, di fronte alla potenza del sistema immune di gran parte della popolazione che assorbe i colpi del virus senza grandi problemi, spesso in modo asintomatico e con sviluppo di immunità cellulari preesistenti o post covid che possono spiegare la resistenza di questi soggetti al corona virus.
Mentre si passa da un “coprifuoco” ad un visto vaccinale, con un corpo sociale che resiste alla vaccinazione (il 40% dell’esercito americano, in Piemonte si parla di 20 mila sanitari e in Italia di un 30% della popolazione freddina se non ostile al rischio di reazioni avverse anche gravi a fronte di un rischio per il 90% e passa di nessun effetto significativo del virus, ci si può domandare perchè, dopo che è stata messa in sicurezza la fascia anziana della popolazione, si punti alle fasce giovani e adulte e ai ragazzi con rischi non sempre accettabili, come quelli della ragazza di Sestri Levante di 18 anni colpita da una trombosi dopo che il 25 maggio si era vaccinata con la prima dose di una vaccino europeo https://it.sputniknews.com/
Molti altri casi sno stati segnalati, come quello della giornalista della BBC di 44 anni che di rischi di morire per il COVID 19 obiettivamente ne correva pochini.
L’arrivo della bella stagione e l’uscita almeno provvisoria dall’emergenza in Italia e in Europa, ci spinga ad una più fedda analisi di questi 18 mesi di Pandemia e di rimodulazione delle strategie preventive e terapeutiche e sociali.
Qualcosa di buono si fa, con la liberalizzazione delle attività nei ristoranti con i posti a tavola che saggiamente aumentano ad otto al chiuso. Meditiamo sulle altre misure con freddezza, fuori dalle pressioni emotive più o meno razionali e disinteressate e di uomini con la spada, che vanno bene per una guerra armata, un pò meno per le battaglie interne alla società e all’uomo che combatte con il virus, che richiede forse più tolleranza e più condivisione e consenso, non solo informato, più o meno obbligato.
Un contributo critico di ampio respiro viene dal Giulio Tarro che ha combattuto le epidemie a Napoli ai tempi del colera e di altri virus oscuri e mortali.