Intervista al Dr. Giovanni Allucci – Presidente Agrorinasce

Campania

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Abbiamo intervistato il Dr. Giovanni Allucci, Presidente del CdA e direttore generale Agrorinasce scrl “Agenzia per l’innovazione, lo sviluppo e la sicurezza del territorio”.

Presidente, ci spieghi quando nasce Agrorinasce e con quale obiettivo.

Agrorinasce s.c.r.l. – Agenzia per l’innovazione, lo sviluppo e la sicurezza del territorio – è una società consortile con capitale interamente pubblico costituita, nel mese di ottobre del 1998, da quattro Comuni (Casal di Principe, Casapesenna, S. Cipriano d’Aversa e Villa Literno), con lo scopo di rafforzare la legalità in un’area ad alta densità criminale, nell’ambito di un’ampia strategia dell’allora Ministero dell’Interno nella lotta alle mafie.

Tutto inizia nell’anno 1996, un periodo storico fortemente condizionato dal sacrificio dei tanti uomini e rappresentanti delle istituzioni e della Chiesa, come le stragi di mafia degli anni ’92/’93, l’omicidio di Don Pino Puglisi a Palermo e di Don Peppe Diana a Casal di Principe nel ’94, ma anche la reazione, a volte rabbiosa, di tanta gente contro quanto stava accadendo. L’anno 1996 è stato anche l’anno di concretizzazione dell’impegno dell’associazione «Libera», che con una raccolta di firme ha portato all’approvazione unanime della legge di iniziativa popolare che ha modificato la legge Rognoni-La Torre, introducendo il tema del riutilizzo ad uso sociale dei beni confiscati. C’era tuttavia la consapevolezza da parte delle istituzioni nazionali che tale iniziativa legislativa potesse essere di difficile attuazione in aree particolarmente delicate per la presenza di importanti organizzazioni criminali come a Casal di Principe o anche a Corleone.

Per queste ragioni profonde è nata Agrorinasce; lo stesso Ministero dell’Interno poi ha promosso la nascita di un altro consorzio di Comuni nell’area di Corleone.

Bisogna comprendere anche il contesto sociale ed economico dell’area di Casal di Principe al tempo della fondazione di Agrorinasce, per comprendere meglio l’importanza dell’iniziativa promossa dal Ministero.

I quattro Comuni della Provincia di Caserta, infatti, erano noti non solo per la forza criminale del clan, ma anche per il fatto che nessuno aveva un Piano regolatore generale approvato; i livelli di abusivismo erano elevatissimi; le scuole non avevano un laboratorio didattico e una palestra funzionante; i livelli di dispersione scolastica erano elevatissimi; mancavano centri di aggregazione sociali e culturali e, in un caso, anche un campo sportivo di calcio. I livelli di disoccupazione erano talmente elevati (oltre il 60%) da apparire da subito anomali, specie se raffrontati ai livelli di consumo e di proprietà immobiliari, ben al di sopra della media nazionale.

Nel 1998, anno di costituzione di Agrorinasce, ben tre Comuni su quattro risultavano commissariati ed era inimmaginabile che le Amministrazioni comunali fossero in grado di avviare percorsi efficaci di ripristino della legalità e tanto meno di recuperare, per uso sociale e pubblico, i beni confiscati alla camorra.

La nascita e lo sviluppo di Agrorinasce ha senz’altro contribuito a cambiare tale condizione socio economico di partenza, ma è indubbio che è stato fondamentale l’azione delle forze di polizia e della magistratura e la voglia di riscatto di gran parte della popolazione locale. Da soli non si va da nessuna parte.

Ritiene che la battaglia per il riutilizzo sociale dei beni confiscati sia stata efficiente in questi anni? Crede che tale iniziativa sia utile a dare un messaggio ai cittadini e ai giovani che, magari, vedono nella criminalità organizzata dei modelli da imitare?

L’esperienza di Agrorinasce nella valorizzazione dei beni confiscati alla camorra è nata con il lavoro realizzato per il recupero del primo bene immobile confiscato a Casal di Principe, destinato per una finalità pubblica e sociale, denominato «Università per la legalità e lo sviluppo».

Questa prima esperienza ha rappresentato un test importante, anche per lo stesso Ministero dell’Interno, per comprendere tutte le difficoltà che un’amministrazione pubblica locale deve affrontare per rendere il bene immobile confiscato prima utilizzabile e poi effettivamente utilizzato per la destinazione pubblica, sociale o anche produttiva scelta. Oggi Agrorinasce amministra 162 beni confiscati tutti localizzati nei sei Comuni soci. A partire infatti dall’anno 2006 sono diventati soci di Agrorinasce i Comuni di San Marcellino e S. Maria La Fossa.

Per gli oltre 160 beni confiscati amministrati da Agrorinasce nel corso di 20 anni di attività, sono stati attivati finanziamenti pubblici e privati per complessivi 48,232 milioni di euro; in relazione ai quali Agrorinasce ha beneficiato direttamente di circa 31 milioni di euro di finanziamenti pubblici, per i quali ha svolto anche la funzione di Stazione Appaltante. I restanti 17 milioni sono finanziamenti pubblici e privati di cui sono stati beneficiari i Comuni (per i quali Agrorinasce ha comunque redatto il progetto e collaborato nella richiesta di finanziamento) o i soggetti gestori che hanno individuato a loro volta finanziamenti pubblici e privati indirizzandoli alla valorizzazione del bene confiscato.

Nella valorizzazione dei beni confiscati alla camorra dei sei Comuni, Agrorinasce, fino al 31.12.2020, ha attivato rapporti contrattuali con oltre 70 soggetti gestori che complessivamente utilizzano 107 beni confiscati tra immobili e terreni agricoli. Di questi 70 soggetti gestori, circa 30 soggetti sono associazioni e cooperative sociali, 37 ditte private, 4 enti religiosi e un unico ente pubblico che è l’ASL Caserta, il quale meriterebbe un discorso a parte per il ruolo pubblico e sociale che riveste sul territorio.

Il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore nella gestione dei beni confiscati e l’avvio delle loro attività ha rappresentato da sempre un notevole impegno per Agrorinasce e lo rappresenta tuttora sia nella fase di monitoraggio sia nella fase di assistenza alla loro crescita imprenditoriale o manageriale (gestire un bene immobile confiscato in ogni caso ha un costo e presenta nella sua gestione rischi maggiori rispetto ad un analogo bene immobile non confiscato). È indubbio, tuttavia, che in molti casi tali soggetti sono anche i migliori rappresentanti di quella sana società che lavora per i più soggetti più deboli. In ogni caso il loro contributo alla creazione di lavoro, soprattutto per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati è stato fondamentale. Fino al 31.12.2019 contavamo nella creazione di 218 posti di lavoro creati sui beni confiscati, oltre 150 dei quali direttamente imputabili al lavoro delle cooperative sociali che gestiscono i beni confiscati. Con l’emergenza COVID stiamo assistendo ad un crollo dell’occupazione e un blocco dei servizi e delle attività per gran parte di queste. Stiamo monitorando la situazione, cercando nel contempo di rilanciare il lavoro sui beni confiscati specie nelle nuove iniziative che stiamo mettendo in campo.

Per quanto scritto possiamo affermare che il nostro lavoro ha portato a grandissimi risultati nel riutilizzo dei beni confiscati, ma se analizziamo la situazione a livello regionale e nazionale, certamente possiamo affermare che la battaglia sul riutilizzo sociale dei beni confiscati presenta molte più sconfitte che vittorie. Rappresentiamo la realtà pubblica più importante in Italia nel riutilizzo dei beni confiscati alla camorra e ci auguriamo che possano nascere e svilupparsi altre iniziative come le nostre, altrimenti alla fine perderemo la guerra. Ormai in Italia ci stiamo avvicinando velocemente ai 40.000 beni confiscati, occorre rafforzare il ruolo delle istituzioni pubbliche e quelle degli Enti Locali per creare le condizioni di un effettivo utilizzo dei beni confiscati e la formula del consorzio dei Comuni ha certamente portato risultati positivi sia nel nostro caso sia in quello di Corleone in Sicilia. Se è successo in queste due aree maggiormente esposte alla criminalità organizzata potrebbe valere per tante altre aree di Italia.

L’attività di riutilizzo dei beni confiscati richiede ingenti somme di denaro. La Regione Campania vi ha messo a disposizione dei fondi dedicati?

Come si è potuto notare, i beni confiscati giungono ai Comuni in condizioni disastrose, in molti casi anche per gli atti vandalici che vengono perpetrati sugli stessi beni immobili. Occorrono pertanto investimenti importanti per creare le condizioni di un effettivo utilizzo dei beni immobili confiscati. Agrorinasce ha acquisito negli anni un’esperienza importante nella progettazione e nella valorizzazione dei beni immobili, e relazioni istituzionali importanti. Le istituzioni come la Regione e il Ministero dell’Interno sono state fondamentali per il successo delle nostre iniziative.

La Regione Campania poi rappresenta la realtà regionale più avanzata in Italia nel riutilizzo dei beni confiscati. Sin dagli anni 2000 ha promulgato leggi regionali dedicate alla ristrutturazione e valorizzazione dei beni confiscati, ed oggi è dotata anche di una strategia regionale. La Regione Campania ha uffici dedicati e professionalità notevoli sul tema e la nomina dell’Assessore Regionale Mario Morcone darà certamente un nuovo impulso e rilancio al tema in tutta la Regione. La decisione di ingresso della Regione Campania in Agrorinasce rientra poi in una più ampia strategia di lotta alle mafie e di riutilizzo dei beni confiscati.

Sono certo che nei prossimi anni Agrorinasce e la Regione Campania avranno un ruolo fondamentale in Italia come esempio nel riutilizzo dei beni confiscati rispetto alle altre Regioni. I soldi messi in campo dalla Regione non sono quantitativamente significativi ma comunque ci hanno consentito il recupero di tanti beni confiscati non di grandi dimensioni, ma fondamentali per il territorio. Sono certo però che l’impegno, anche finanziario, crescerà nei prossimi anni anche grazie ai fondi europei.

Con il Comune di Casapesenna, grazie anche al “buon governo” di Marcello De Rosa, avete realizzato iniziative importanti. Ci parli dei beni riutilizzati a Casapesenna.

Con l’attuale Amministrazione Comunale di Casapesenna abbiamo condotto in perfetta sintonia diversi interventi di valorizzazione di beni confiscati. La maggior parte sono già attivi, anche se siamo stati condizionati fortemente dall’emergenza COVID. Mi fa piacere comunque sottolineare che abbiamo allo stato tre importanti finanziamenti che ci consentiranno di avviare altre tre iniziative di riutilizzo ad uso sociale di beni immobili confiscati ad esponenti di rilievo della criminalità organizzata locale. Il più importante è certamente il cosiddetto ‘caseificio sociale’, i cui lavori sono in via di ultimazione, ma altrettanto importanti sono anche il Centro della salute che sorgerà nei pressi del Comune e il Centro di accoglienza per soggetti affetti da disabilità e dipendenza. Sen non ci fosse piena collaborazione e sintonia, anche con gli uffici comunali, non avremmo risultati importanti. Non a caso poi con l’amministrazione comunale stiamo ragionando anche su un piano di rilancio di tutte le iniziative a valere sui beni confiscati non appena l’emergenza COVID lo consentirà. Un impegno comune a favore di tutta la cittadinanza, specie dei cittadini più bisognosi.

Intervista realizzata da Adriano Pistilli

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