“Partito” : participio passato del verbo partire, per andare dove? In politica

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Prendo spunto da un divertente gioco di parole consentito dalla lingua italiana, evitando di drammatizzare questioni legate alle crisi interne delle singole formazioni che coinvolgono persone che per le responsabilità a loro affidate dall’elettorato, dovrebbero rivolgere la loro attenzione e gli sforzi al dramma sanitario ed economico da cui il nostro paese fatica ad uscire.

Ma torniamo alle origini. La voce partito deriva dal latino partitus, participio passato del verbo partiri, ovvero: dividere. Con il termine partito possiamo definire un insieme di persone che perseguono una medesima idea su alcune tematiche e che, mediando tra Stato e cittadini, tenta di influire politicamente sull’azione di governo partecipando all’ambito elettorale. Quindi ci si divide inevitabilmente in partiti, in fazioni come avveniva nel tardo 1300 a Firenze tra Guelfi e Ghibellini. Questo è positivo per portare avanti nel governo delle città le proprie idee.   

La nostra Costituzione recita all’articolo 49 “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Il “metodo democratico” è oggetto di lungo dibattito, risalente alla stessa Assemblea Costituente. Ma volendo essere sintetici, un partito senza democrazia interna, è la premessa per la fine della democrazia nel paese. Il problema che oggi i partiti politici affrontano è la sudditanza al capo impersonato dal segretario nazionale o dal presidente del Partito e ogni forma di dissenso è interpretata spesso come delitto di lesa maestà. Attenti, così si rischia la penalizzazione della politica. Come ho avuto modo di precisare la Democrazia Cristiana aveva al suo interno le correnti ma quasi mai le decisioni prese erano frutto della corrente di maggioranza del partito. Un esempio per tutti: Aldo Moro che in base al tesseramento raggiunse l’8% con la sua componente riusciva a influenzare le scelte politiche del partito che seguiva la decisione che diventava la scelta del partito. Le correnti avevano riviste, fasi congressuali interne che erano occasioni di crescita culturale di grandissimo spessore.

Tra i vecchi partiti emerge il travaglio del Partito Democratico erede del Partito Comunista ma che da tempo afferma con forza esclamativa la volontà di difesa dei deboli  ma che non riesce ad avere nella sua classe dirigente operai, braccianti, studenti universitari e….quindi il Partito dei lavoratori è diventato nel tempo il partito dei professionisti della politica che non si confronta con la base, iniziando gradualmente ad   essere lontani dal popolo non per cattiva volontà ma disperdendo l’anima socialista innovativa che li portò a non dialogare tra appartenenti alla stessa famiglia dei progressisti. Le associazioni e i movimenti che erano la linfa dei partiti, intese come parrocchie laiche per una crescita del civismo basato sul futuro dei quartieri, sono ormai distanti dai cittadini e non incidono più.  Mi auguro che le dimissioni di Zingaretti aiutino a chiarire una volta per tutte che la politica vive di sana convivenza tra persone e le scissioni o il cambio del nome non aiutano. Basta, la sinistra, il paese non può e non deve aspettare.

Facciamo rinascere gli oratori che fanno fatica nelle parrocchie a resistere come luoghi di aggregazione ben prima della pandemia. Ritrovarsi sotto un campanile non erano stare dalla parte dei preti ma esercitare il sano principio del saper vivere insieme correndo dietro ad un pallone.

Non ho parlato dei movimenti e in particolare dei 5 stelle che faccio fatica a comprendere, oggi più di ieri ma che rispetto nella misura è il partito di maggioranza relativa e che forse sarebbe ora passasse alla forma partito perché anche un partito può essere movimentista ma le regole potrebbero essere più trasparenti .

Da quando sono nati i grillini sono una novità che deve palesarsi in tutte le sue facce ma soprattutto nel suo contribuire al governo del paese con una freschezza che dal 2009 stenta a cogliere e mostrare i suoi frutti.

Il consenso c’era e proprio per questo il mistero con la caduta del Governo Conte, mi auguro non si infittisca. Vedremo… sappiamo come è partito ma stentiamo a cogliere le stazioni e la meta.

Sognando ma non troppo, mi piacerebbe vedere nel nuovo corso della politica del Governo Draghi i due personaggi dell’incipit del romanzo L’Idiota di Dostojievskij dove i due viaggiatori sconosciuti che si fronteggiano nel vagone di terza classe vicino al finestrino, hanno una voglia matta di parlare e di conoscersi, diversissimi ma giovanissimi entrambi nel treno che li portava da Varsavia a Pietroburgo. Straordinaria immagine che mi induce a sognare che la politica sia un viaggio tra diversi in cui quel treno che è il Governo conduca al bene del paese attraverso la gestione del potere e suoi strumenti come il revovery plan. Se ogni partito farà tesoro di questa immagine il nostro paese si salverà e salverà i partiti aiutandoli a vivere il presente come la nostra storia. Certo siamo all’antipasto ma se è sobrio e innovativo è un buon viatico di bene. “Nessuno resti indietro” direbbe Papa Francesco ed è un monito per tutti gli uomini di buona volontà e voglio credere ce ne siano tanti.

Dario Felice Antonio Patruno 

 

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