La poesia ci salverà dallo smarrimento pandemico?

Arte, Cultura & Società

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 Intervista di Stefania Romito a Lidia Caputo

figlia dell’indimenticato poeta salentino Erminio Giulio Caputo

di Stefania Romito

Lidia Caputo, lei è figlia di Erminio Giulio Caputo, uno tra i più importanti poeti salentini. Lei stessa è poetessa raffinatissima. Ha insegnato Materie Letterarie e Latino presso il Liceo Scientifico “Banzi” di Lecce per circa 30 anni. Ha all’attivo diverse pubblicazioni alcune dedicate a Cesare Pavese tra cui il saggio dal titolo: Il Mito e la donna in Bertolt Brecht e Cesare Pavese. A breve uscirà una raccolta lirica con il Gruppo Albatros il Filo. Quale ritiene essere il ruolo della poesia oggigiorno e in particolare in questo periodo difficile in cui siamo indotti a fare i conti con il lato più profondo e sconosciuto di noi stessi?

La poesia  ha il primato tra tutti i linguaggi, da quello matematico a quello filosofico, da quello  tecnico-scientifico a quello dei mass-media, poiché è capace di  comunicare in modo empatico, intense emozioni, tra cui la nostra solitudine e angoscia, la pietas di virgiliana memoria per le tragedie che sconvolgono il nostro pianeta e per il dolore dei malati, dei disperati, degli emarginati. In questa contingenza storica, in cui i nostri sogni e progetti appaiono effimeri, insostenibili, poiché è come se vivessimo in una sfera di cristallo che ci impedisce di realizzarli, di frequentare i luoghi di svago e di studio, di abbracciarci per esorcizzare insieme la paura del futuro, la poesia ci scuote anche con immagini forti e toccanti. Essa ci sollecita a  risollevarci dalla nostra apatica indifferenza affinché possiamo riprendere tra le mani il bandolo della vita, dell’amore, della storia. La poesia oggi ci fa scoprire e condividere con gli altri, oltrepassando i limiti dello spazio che ci separano dai nostri simili, il nostro disagio esistenziale, ma anche lo stupore dinanzi a quelle piccole grandi cose che in precedenza, assillati dai nostri impegni non avevamo contemplato, evocando immagini, suoni, sapori dimenticati: l’incanto di un’alba dal balcone della nostra abitazione, l’irreale silenzio delle città, il profumo e la dolcezza dei frutti sulla nostra  tavola, il tenerezza del sorriso dei nostri cari e dei nostri amici.  

Leggendo le sue bellissime liriche emerge un grande amore nei confronti del mito classico. Un ambito elettivo che ha contemplato anche in molti suoi studi tra cui quello critico dedicato a Cesare Pavese dal titolo: La rappresentazione mitologica del “ doppio”  e del “ molteplice” nei “Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese. Il mito in Pavese è quello strumento, più che letterario, potremmo dire propriamente “esistenziale”, che gli consente di superare la storia, intesa come cronaca, attribuendo alla memoria quel senso di mistero e di sacralità. In che modo il mito può aiutare l’uomo a superare il disagio esistenziale generato, ad esempio, da una situazione di grande difficoltà come quella che stiamo vivendo?

In questo snodo drammatico della storia contemporanea, possiamo assumere il mito come chiave ermeneutica per accedere, come già avevano fatto Platone, Omero, nonché i tragici greci e latini,  ad una dimensione atemporale e cosmica dell’essere, fino alla sorgente divina dell’umanità. Le origini delle culture di ogni continente affondano nei simboli e nelle immagini archetipiche legate alla vita e alla morte, alla dimensione naturale e soprannaturale dell’essere umano. In  Vico e Pavese il mito rivela la dimensione segreta e metafisica dell’essere nel mondo e al contempo fuori dal mondo: questo moto ascensionale è inarrestabile ed è in grado di trascendere l’intera compagine socio-esistenziale e terrena del soggetto e di abbracciare, sia pure per un attimo infinitesimale, l’Assoluto.. Allo Ṻbermensch nietzschiano Pavese contrappone, come meta finale dell’itinerario sapienziale, l’incontro tra la fragilità dell’uomo e la potenza dell’Amore, datore di vita. I soggetti delle narrazioni  mitiche hanno il loro archetipo in protagonisti di straordinari viaggi, alla ricerca del senso dell’esistenza nell’incontro con l’Altro, che può essere un vero amico come per il re dei Sumeri Gilgamesh o un animale misterioso come accade al profeta Giona inghiottito. La cultura occidentale ha maggiore familiarità con Odisseo che, per amore della conoscenza, sfida i pericoli, le incognite del destino, i mostri che spesso assumono sembianze piacevoli e fascinose, come le sirene, per mandare in rovina l’uomo. Anche oggi siamo insidiati dalle “sirene” del potere politico, delle ideologie autoritarie, della pervasività ossessiva dei messaggi mediatici. Avvertiamo così il  senso di vuoto dell’esistenza, la difficoltà di un riscatto dalla paura e dall’angoscia. Attraverso la lettura dei miti antichi, che rivivono anche nelle pagine di romanzieri e poeti contemporanei, da James Joyce a Louise Glück, vincitrice del Nobel per la letteratura, sentiamo riaffiorare anche la speranza di una salvezza con la sconfitta del male.

Da letterata e studiosa di letteratura e filosofia, qual è il suo atteggiamento nei confronti delle pubblicazioni digitali? Crede realmente che possano arrivare a sostituire le pubblicazioni in cartaceo nel prossimo futuro?

In questo snodo di tempo caratterizzato dalla pandemia che richiede distanziamento sociale e difficoltà nella gestione di luoghi d’incontro culturale, come musei, teatri, cinema, biblioteche,  sembra che il digitale abbia preso il sopravvento sul cartaceo. Ciò è dovuto alla rapidità e sicurezza nella consultazione dei testi, grazie alla possibilità di registrare sulla memoria del computer manuali, libri, documenti, articoli di riviste, alleggerendosi del peso cartaceo soprattutto per chi viaggia. Un altro vantaggio dei testi digitali è costituito dal fatto che sono più economici sia per chi li edita, sia per chi li acquista. Inoltre il digitale è più ecologico, rispetto al cartaceo poiché risparmia la vita a molti alberi e riduce la produzione di rifiuti. Quindi green publishing: molte case editrici con pubblicazioni su ebook si sono affacciate al mondo della comunicazione. Un cospicuo  numero di scrittori emergenti affidano all’autoprint le loro prime opere, spesso con buoni risultati commerciali. Ritengo che questa sia una vera e propria rivoluzione culturale, ma presenta dei limiti. Mediante le vendite online, il libro può perdere il suo valore di bene spirituale poiché diviene un oggetto qualsiasi di scambio monetario. Viene meno anche il ruolo fondamentale delle Case Editrici nella promozione e lettura dei testi mediante l’incontro con i futuri lettori su piattaforme digitali. Dopo questo periodo di lockdown, gli editori potranno nuovamente organizzare gli incontri diretti tra l’autore e il suo pubblico durante le presentazioni dei volumi nelle librerie, altre sedi culturali o durante le Fiere Internazionali del libro. Accanto a queste motivazioni ve ne sono altre di carattere soggettivo ed emotivo: avere un libro tra le mani, sentire l’odore della carta, soffermarsi sulle illustrazioni o sulle opere d’arte che li impreziosiscono, è un’emozione unica. Annotare ai lati le proprie osservazioni, addormentarsi con l’eco delle ultime frasi o versi letti, tenere un libro sul comodino, ci trasmette delle sensazioni inspiegabili. Non riesco a dimenticare le traversie quotidiane, a rasserenarmi e a prendere sonno, se non dopo aver letto qualche pagina di un romanzo, di un dialogo filosofico  o di una raccolta di poesie.

Lidia Caputo sarà ospite della trasmissione radiofonica “Ophelia’s friends on air”, ideata e condotta dalla giornalista e scrittrice Stefania Romito, domenica 24 gennaio ore 13 (dopo il Notiziario) su Radio Punto www.radiopunto.it e sabato 30 gennaio alle ore 10 su Web Radio Network www.wrnradio.eu.

redazione@corrierenazionale.net

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