Il governo Conte 2 compie un anno, tutte le tappe dal Covid al Referendum

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Promosso alla prova ‘pandemia’ il governo si prepara agli ‘esami di settembre’

 

Francesco Fotia / AGF – Governo Conte

Il sessantesimo esecutivo della storia della Repubblica, il secondo dall’inizio della legislatura, compie un anno. Il governo è sempre appeso ai rapporti altalenanti dei suoi diversissimi azionisti: i no del M5s e le ‘mosse’ di Matteo Renzi, passando per il Pd che, se da una parte si è dimostrato il main sponsor di Giuseppe Conte, dall’altra è sempre alle prese con tensioni e malumori interni.

La fine del giallo-verde

Un anno fa, tutto questo era ancora molto di là da venire e le attenzioni si concentravano sulla sconfitta di Matteo Salvini, passato dal chiedere “poteri pieni” al ruolo di leader dell’opposizione; o su Matteo Renzi che, dopo nemmeno 24 ore dalla nomina dei ministri, annunciava la sua uscita dal Partito Democratico e la creazione di Italia Viva; o anche sugli equilibri nell’esecutivo appesi ai ruoli di sottogoverno da attribuire a questo o a quel partito. Dopo una gestazione breve ma sofferta, che portò a un patto di governo contenente, fra le altre cose, il taglio dei parlamentari e le riforme istituzionali connesse, il premier Giuseppe Conte giurò “nelle mani del Presidente della Repubblica”, il 5 settembre 2019.

La fiducia

Il 9 settembre 2019 con 343 voti favorevoli, 263 contrari e 3 astenuti, il governo ottiene la fiducia alla Camera e il giorno successivo, con 169 voti favorevoli, 133 contrari e 5 astenuti questa fiducia viene confermata dal Senato. La prima missione all’estero di Conte è stata a Bruxelles, per incontrare le istituzioni Europee, a cominciare dalla presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen.  

La svolta europeista

Una scelta che appare oggi paradigmatica, se si tiene presente quale sarebbe stata, di lì in avanti, la linea del Governo sull’Unione: dall’esecutivo giallo-verde, con forze di maggioranza programmaticamente ostili alle istituzioni comunitarie, si passa a una compagine europeista che, anche grazie alla nomina di Paolo Gentiloni a Commissario per gli Affari Economici e con Enzo Amendola responsabile delle Politiche Ue, si dimostra capace di stare ai tavoli europei in maniera pragmatica. I risultati di questo nuovo corso arriveranno al termine dei due mesi di lockdown.

Taranto e la legge di bilancio

Prima di quel momento, tuttavia, il governo deve affrontare una serie di sfide per niente scontate: dal salvataggio degli impianti ex Ilva, dopo il passo indietro di ArcelorMittal, alla crisi libica. Soprattutto c’è da approvare la legge di bilancio, impresa che appare titanica visti i conti dello stato. Nonostante questo, l’esecutivo vara la legge sul fil di lana, alle 4.40 della mattina della Vigilia di Natale.

Le dimissioni di Fioramonti

Negli stessi giorni, l’esecutivo è attraversato dalla sua prima vera crisi che si conclude con il passo indietro del ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti. In seguito a queste dimissioni, il Miur viene scorporato, con la pentastellata Lucia Azzolina che rileva la responsabilità della Scuola e l’ex presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (già consigliere del ministro Luigi Nicolais durante il governo Prodi), Gaetano Manfredi, responsabile dell’Università e della Ricerca.

L’epidemia

Esplode a gennaio l’epidemia: le notizie provenienti da Wuhan allarmano premier e ministri. Il 30 gennaio i primi due casi di coronavirus – due cittadini cinesi a Roma – vengono individuati e isolati. Il giorno successivo  Il Consiglio dei Ministri decreta lo stato di emergenza sanitario nazionale della durata di sei mesi. E’ l’inizio di un incubo che durerà per mesi e che vedrà il governo impegnato quasi esclusivamente sul fronte del contenimento della pandemia. Il 4 marzo, con una conferenza stampa, Conte annuncia il rinvio a data da destinarsi del referendum sul Taglio dei Parlamentari.

La prima zona rossa 

L’8 marzo viene istituita una prima zona rossa in Lombardia, ma il giorno successivo la zona rossa viene estesa a tutto il territorio nazionale.  Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontra a Palazzo Chigi i leader dell’opposizione Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani che, anche per conto di alcuni governatori di centrodestra, gli chiedono di nominare un commissario straordinario e di estendere il cosiddetto decreto “Io resto a casa” firmato il 9 marzo anche agli uffici, al trasporto pubblico, ai bar, ai ristoranti, ai negozi e ai centri commerciali per un periodo di quarantena di almeno due settimane. Rimarrebbero così aperti solo i servizi essenziali come i supermercati e le farmacie. Vengono discusse, inoltre, anche le misure economiche da mettere in campo per fronteggiare l’emergenza.

I Dpcm

E’ l’inizio del lockdown e dei decreti del presidente del consiglio. I Dpcm diventano lo strumento normativo principe per fronteggiare l’epidemia, tanto da diventare anche il bersaglio degli attacchi dei partiti di opposizione e fonte dei mal di pancia fra i gruppi parlamentari che denunciano lo scavalcamento sistematico delle Camere da parte del premier. Ma, assieme all’emergenza sanitaria, diviene subito chiara la sofferenza del tessuto economico a cui il governo mette mano stanziando subito 25 miliardi con il decreto Cura Italia a cui fa seguito, il 6 aprile, il “Decreto Liquidità”, che si propone di attivare 400 miliardi destinati alle imprese per prestiti coperti da garanzia statale.

Il 4 maggio, davanti a una curva dei contagi che comincia a scendere, il governo dà il via libera alla riapertura di alcune attività produttive e alle visite ai congiunti.Con il “Decreto Rilancio”, una maxi manovra da 55 miliardi, il governo intende dare una spinta alla ripresa economica inseguendo quel rimbalzo a “V” dell’economia che inseguono tutti i Paesi europei alle prese con la pandemia.

Il caso Bonafede

Intanto, però, l’esecutivo deve affrontare la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che rischia di travolgere con un effetto domino l’intero esecutivo: Bonafede è infatti capo delegazione del M5s e uomo di fiducia del ministro Luigi Di Maio. Il quale, pur essendosi dimesso dall’incarico nel Movimento, continua a detenere una sorta di golden share. Gli occhi sono puntati su Matteo Renzi e su Italia Viva che minaccia di votare a favore della mozione. L’allarme, tuttavia, rientra. Il Senato respinge, con 160 voti contrari, la mozione di sfiducia al Ministro della giustizia Bonafede presentata dal centrodestra. Nella stessa giornata viene respinta anche la mozione di sfiducia presentata da Emma Bonino e altri sempre al Ministro Bonafede con 158 voti contrari.

Next Generation Eu

Il 27 maggio la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen annuncia un piano, chiamato “Next Generation Eu”, per far fronte all’emergenza coronavirus: 750 miliardi, di cui 500 a fondo perduto e gli altri 250 in prestiti. All’Italia spetterebbe la parte più corposa: 172,7 miliardi, di cui 81,807 versati come aiuti e 90,938 come prestiti. Il 3 giugno, con una conferenza stampa, Conte vara formalmente la Fase 3, quella che dovrebbe segnare la ripartenza e il rilancio economico del Paese.

Gli Stati Generali

Le incognite sono tante e il premier decide di affidarsi a una task force guidata dal manager Vittorio Colao. Contemporaneamente annuncia gli Stati Generali dell’Economia, una serie di colloqui da tenersi a Villa Pamphilij con esponenti delle istituzioni europee, partiti e parti sociali. L’obiettivo è quello di mettere a punto un Piano di ripartenza nazionale, il Recovery Plan, con il dettaglio degli investimenti che l’Italia intende fare. La scelta di Conte, tuttavia, non convince gli alleati di governo e, in particolare, il Partito Democratico che a più riprese chiede di dare una scossa all’azione di governo, con meno convegni e più provvedimenti, a partire dal Decreto semplificazioni. Decreto che viene varato dal Cdm il 6 luglio per passare poi all’esame delle Camere.

La vittoria europea

 Dal 17 al 21 luglio il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte partecipa al Consiglio europeo straordinario a Bruxelles. Nonostante l’opposizione dei cosiddetti Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia), il Consiglio europeo trova un accordo sul Recovery Fund. All’Italia andrà una fetta consistente dei 750 miliardi ovvero 81 miliardi di sussidi a fondo perduto e 127 miliardi di prestiti. I Paesi “frugali” ottengono un incremento dei “rebates”, ovvero gli sconti alla contribuzione del bilancio europeo di cui già beneficiano. Viene scongiurato il potere di veto di un singolo Stato membro ma viene introdotta una forma di controllo (“emergency brake”) da parte della Commissione Europea su come saranno impiegate le risorse UE dai singoli Stati. 

Lo scontro con i Paesi ‘frugali’

Il 21 luglio è una data che rimarrà segnata in rosso nell’agenda di Conte: dopo cinque giorni e quattro notti di trattative e nonostante l’opposizione dei cosiddetti Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia), il Consiglio europeo trova un accordo sul Recovery Fund. All’Italia andrà una fetta consistente dei 750 miliardi ovvero 81 miliardi di sussidi a fondo perduto e 127 miliardi di prestiti. I Paesi “frugali” ottengono un incremento dei “rebates”, ovvero gli sconti alla contribuzione del bilancio europeo di cui già beneficiano. Viene scongiurato il potere di veto di un singolo Stato membro ma viene introdotta una forma di controllo (“emergency brake”) da parte della Commissione Europea su come saranno impiegate le risorse UE dai singoli Stati. E’ una vittoria del governo riconosciuta anche da parte dell’opposizione.

Il Referendum 

Da allora è passato poco più di un mese, ma le tensioni all’interno della maggioranza, lo fanno sembrare un’era geologica e il governo è atteso da una nuova prova del fuoco. La riapertura delle scuole, fissata al 14 settembre, potrebbe essere più difficile e caotica di quello che si spera. E, connessa in qualche modo a questa sfida, c’è quella del referendum sul taglio dei parlamentari e le elezioni regionali. Passaggi delicati, che potrebbero avere ripercussioni sulla tenuta della maggioranza e che sembrano suggerire di non affrettare i festeggiamenti. 

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