“Pragmatismo e flessibilità per affrontare la crisi” (Mario Draghi)

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 “Ma dimenticare i principii che ci hanno sin qui accompagnato”

RIMINI – Per affrontare la crisi economica, effetto della pandemia, occorre “pragmatismo e flessibilità”, ma chi governa “non può dimenticare l’importanza dei principii che ci hanno sin qui accompagnato”. Lo ha detto l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, intervenendo alla giornata inaugurale del Meeting di Rimini.

“Nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario – ha spiegato Draghi -. Non sappiamo quando sarà scoperto un vaccino, né tantomeno come sarà la realtà allora. Le opinioni sono divise: alcuni ritengono che tutto tornerà come prima, altri vedono l’inizio di un profondo cambiamento. Probabilmente la realtà starà nel mezzo: in alcuni settori i cambiamenti non saranno sostanziali; in altri le tecnologie esistenti potranno essere rapidamente adattate”. Altri ancora, secondo l’ex presidente della Bce “si espanderanno e cresceranno adattandosi alla nuova domanda e ai nuovi comportamenti imposti dalla pandemia. Ma per altri, un ritorno agli stessi livelli operativi che avevano nel periodo prima della pandemia, è improbabile. Dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche”.

“Il fatto che occorra flessibilità e pragmatismo nel governare — ha aggiunto Draghi – oggi non può farci dimenticare l’importanza dei principii che ci hanno sin qui accompagnato”. Perché “il subitaneo abbandono di ogni schema di riferimento sia nazionale, sia internazionale è fonte di disorientamento”.

“L’erosione di alcuni principii considerati fino ad allora fondamentali – secondo l’ex governatore dell’Eurotower – era già iniziata con la grande crisi finanziaria; la giurisdizione del Wto, e con essa l’impianto del multilateralismo che aveva disciplinato le relazioni internazionali fin dalla fine della seconda guerra mondiale venivano messi in discussione dagli stessi Paesi che li avevano disegnati, gli Stati Uniti, o che ne avevano maggiormente beneficiato, la Cina; mai dall’Europa, che attraverso il proprio ordinamento di protezione sociale aveva attenuato alcune delle conseguenze più severe e più ingiuste della globalizzazione; l’impossibilità di giungere a un accordo mondiale sul clima, con le conseguenze che ciò ha sul riscaldamento globale; e in Europa, alle voci critiche della stessa costruzione europea, si accompagnava un crescente scetticismo, soprattutto dopo la crisi del debito sovrano e dell’euro, nei confronti di alcune regole, ritenute essenziali per il suo funzionamento, concernenti: il patto di stabilità, la disciplina del mercato unico, della concorrenza e degli aiuti di stato; regole successivamente sospese o attenuate, a seguito dell’emergenza causata dall’esplosione della pandemia”.

Pat/Int9

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