La Sardegna rischia di ‘perdere’ il cannonau, enologi in rivolta

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L’antico vitigno dell’isola, conosciuto fin dall’età nuragica, in base a nuove norme comunitarie potrebbe perdere la Dop. La Regione chiede l’intervento del governo

 

© Coldiretti –  Vigna sarda

(AGI)  – La viticoltura sarda rischia di vedere perdere, nella confusione del mercato nazionale, il cannonau, vino tutelato con la Dop, marchio per l’origine protetta. Tutto questo in seguito all’approvazione l’anno passato del regolamento 33 dell’Ue, andato a integrare la precedente disciplina, dove i vini tipici della Sardegna erano tutelati sia nel momento della richiesta del marchio, sia con le restrizioni nell’uso dello stesso. Peculiarità ed elementi di distinzione che potrebbero saltare nella norma nazionale che recepirà in Italia la nuova normativa comunitaria. Cosicché il vino che, come testimoniato da recenti scoperte archeologiche veniva prodotto sin dall’età nuragica, potrebbe essere commercializzato, con tanto di etichetta, anche in altre regioni del Belpaese.

Settore vitivinicolo sardo in allarme

Il settore è in allarme. Alcuni giorni fa c’è stata una tavola rotonda, promossa dall’Assoenologi, alla quale hanno preso parte amministratori e tecnici dell’assessorato regionale dell’Agricoltura: “Chiederò un confronto al ministro delle Politiche agricole, Bellanova, per tutelare il cannonau e gli altri vini sardi dalle nuove disposizioni dell’Ue”, ha dichiarato Gabriella Murgia, assessore dell’Agricoltura della Regione.

 L’esponente della giunta spiega che “vi è l’esigenza di proseguire nella tutela e nella protezione di quelle denominazioni che sono intimamente correlate a determinati territori, tradizioni e cultura. È il caso, in particolare, del cannonau”, sottolinea, “la cui tutela ritengo non possa essere né messa in discussione e tantomeno dispersa, dopo sforzi e sacrifici degli operatori del settore. Il Cannonau – sottolinea la  Coldiretti – il vino di gran lunga più prodotto in Sardegna al quale è destinato il 27% della superficie vitata dell’isola: 7.411 ettari su 27.217, dei quali 4.875 si trovano nella vecchia provincia di Nuoro.

Altri vitigni a rischio

Gli altri vitigni a rischio, sono il Nuragus di Cagliari (1.492 ettari coltivati Cagliari su un totale di 1.880 in tutta la Sardegna), il Nasco che conta 147 ettari (131 nella vecchia provincia di Cagliari), il Semidano (38 ettari dei quali 17 a Cagliari e 20 a Oristano) e il Girò (88 ettari 44 dei quali nella ex provincia di Sassari).  

Il cambio appare pregiudizievole nella misura in cui le nuove regole, una volta applicate anche in Italia, non porterebbero come nel passato a tutelare il nome del prodotto, con tutto quanto c’è in esso di tipico, in quanto vitigno con una certa identità agronomica e uno specifico collegamento col territorio di coltivazione.  La legge potrebbe abbattere la tradizione, di oltre tremila anni nel caso del cannonau, come confermerebbero i vinaccioli trovati qualche lustro addietro del sito archeologico ‘Duos nuraghes’, a Borore, nella provincia di Nuoro.

Assoenologi teme ‘desardizzazione’

Sono stati proprio i rappresentanti dell’Assoenologici della Sardegna a mettere la classe politica e gli stessi operatori vitivinicoli davanti ai pericoli legati all’inserimento nella legislazione nazionale del regolamento 33 dell’Unione europea: “C’è il rischio di ‘desardizzazione’ – hanno denunciato – dei vini tipici, a iniziare dal cannonau, che rappresenta per la Sardegna una bandiera, uno degli elementi identitari”.

La conferma della tipicità, nei caratteri biologici e geografici, nei prodotti della viticoltura è arrivata in particolare in questi ultimi anni. Il cannonau e le altre produzioni, distribuiti dalla Gallura alla Barbagia, dal Mandrolisai sino all’Ogliastra e al Campidano, sono stati spesso in cima alle classifiche delle guide del Gambero Rosso, col riconoscimento dei ‘Tre bicchieri’, e di quelle del Vinitaly di Verona, dove ancora un anno fa sono entrati nelle prime posizioni della guida ‘5 Star Wines’. 

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