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Enzo Avitabile e Jovanotti si mettono insieme per un’altra genialoide trovata del sassofonista napoletano. Fuori anche “Mr. Fini” di Gue Pequeno

uscite musicali giugno luglio 2020

©  AGF – Enzo Avitabile

Settimana particolarmente ricca di nuove uscite per quanto riguarda il mercato discografico italiano. Enzo Avitabile e Jovanotti si mettono insieme per un’altra genialoide trovata del sassofonista napoletano. Fuori anche “Mr. Fini” di Gue Pequeno

Enzo Avitabile e I Bottari di Portico feat. Jovanotti, Ackeejuice Rockers e Manu Dibango – “Simm’ tutt’uno”: Enzo Avitabile è sempre stato un musicista “avanti”, uno che col suo sassofono e la sua musica, andando dritto per dritto per la sua strada fatta di world music, si è coltivato un orticello posto in cima ad una montagna praticamente inarrivabile quasi per tutti. L’impressione, e “Simm’ tutt’uno” ce lo conferma in maniera netta e decisa, è che il passare del tempo gli faccia bene e ancora una volta confeziona un brano dove riesce perfino a nobilitare ad un genere che non gli confà per naturale e incolpevole attitudine, uno della famiglia reale del pop italiano come Jovanotti che di aver fatto un brano con Avitabile da domani potrà metterlo in curriculum. Come se non bastasse il brano risulta essere una delle serenate alla fratellanza più moderne e credibili ascoltate negli ultimi anni. Imperdibile.

Gue Pequeno – “Mr. Fini”: “Mr. Fini” segna il ritorno in sala di registrazione di Gue Pequeno, considerato uno dei più importanti esponenti del rap italiano, forse più per un fatto anagrafico, arrivato ormai alla soglia dei 40, che musicale. Non che “Mr. Fini” sia un brutto disco, anzi, ci fa piacere sentirlo rappare sulle note de “L’ultimo bacio” di Carmen Consoli ne “Il tipo”, anche se il nesso con il brano della cantantessa in tutta onestà ci sfugge; e poi “Saigon”, uno dei pochi pezzi in cui non gioca a fare il gangsta rap, non è male; e nemmeno “Tardissimo”, dove è accompagnato da due fenomeni come Mahmood e Marracash.

Ci fa piacere anche che ci tenga a comunicare che a 39 anni la sua vita sessuale prosegua senza intoppi, che arrivato ad una certa età non si sa mai. Ciò che renderebbe tutto più credibile è, perlomeno, perdio, per un classe ‘80, per uno che nella sua carriera, sia come solista che con i Club Dogo, ha fatto di tutto, che facesse parlare la propria musica e solo la propria musica; trovare il tempo per dare addosso a un collega durante un’intervista a Rolling Stone perché indossa un vestito rosa, dirgli, cavolo, nel 2020, che “si veste da donna” e per quello fa ridere, e lamentarsi perché viene attaccato dai fan del collega di otto anni, mette inevitabilmente tutto in secondo piano.

Tra l’altro, senza entrare a gamba tesa in un dissing a senso unico, perché Ghali più che la signora ha fatto il signore e non ha mai risposto, se proprio vogliamo dirla tutta, Gue Pequeno non è che sia sto fenomeno di stile e i suoi follower non sono esattamente dei laureandi, normale per un genere che va per la maggiore proprio perché cattura la fetta più grande della torta, che sono proprio gli adolescenti. Forse picca di più il fatto che Ghali porti avanti un concetto che va ben oltre il tipico bullismo rap da strada di chi la strada ormai nemmeno si ricorda più com’è fatta. Fatto sta che lo spazio a nostra disposizione è finito e del disco abbiamo parlato poco e niente, visto?

Danti feat. Raf e Fabio Rovazzi – “Liberi”: Per chi non lo sapesse, Danti è uno dei produttori più ricercati del momento; la sua fama nell’ambiente si è moltiplicata dopo l’azzeccatissima e cliccatissima “Canzone sbagliata” cantata da Luca Carboni e Shade. Questa settimana torna con “Liberi”, mettendo insieme Raf e Fabio Rovazzi, una coppia inedita che sapientemente guidata firma un pezzo che ha senso, che potrebbe anche viaggiare nella stessa direzione ma un po’ a lato rispetto ai tormentoni estivi di tanti colleghi. Non si tratta di De André o Guccini, d’accordo, ma si scorge dietro la volontà di produrre un pezzo composto, anche nel suo andare ritmato, il che, per un brano di matrice essenzialmente commerciale, è già tanta roba.

Canova – “Tutti Uguali”: La migliore band del panorama indipendente italiano, quella che più di tutti riesce ancora a coniugare la passione e il sudore del sogno conservato in cantina ai profumi delle luci dei riflettori dei grandi palchi che, come loro, in pochi in Italia calcano con tale padronanza; tira fuori dal cilindro un singolo che, se è il caso, risulterà come un’impennata nella carriera già piena di ottimi lavori dei ragazzi di Milano.

Difficilmente troverete una canzone che meglio di questa riesce a veicolare con tale scioltezza di immagini il messaggio che intende comunicare. Siamo tutti uguali, semplice no? Alle volte le nostre case attraverso il telegiornale vengono invase da così tante brutture che passa l’appetito, uno resta imbambolato a sentir discorrere ore e ore nei talk di problemi che avrebbero una soluzione univoca e semplicissima: siamo tutti uguali. Come si fa a non capirlo? Ecco, i Canova cantano tutto ciò mettendoci tutti quanti di fronte ad uno specchio che non deforma la realtà, invitandoci ad accettarci nelle nostre stupide peculiarità, con il sorriso sulle labbra, senza farne un dramma ma soprattutto, senza risultare retorici e stantii come una pubblicità progresso. Bravissimi.

Frah Quintale – “Banzai”: Frah Quintale è un pazzo. Rileggendo la cronologia, ancora comprensibilmente breve, della sua carriera, il rapper di Brescia sforna un disco nel 2017 dal titolo “Regardez Moi” che lo manda in orbita tra i vate del nuovo indie italiano. Certo, lui fa rap, ma per chi lo ascolta non fa differenza, e non perché pubblico stupido o disattento, ma perché è semplicemente una questione di ritmo, ma poi in realtà Francesco Servidei, così esce all’anagrafe, parla esattamente di ciò che quel pubblico lì vuole sentire.

E accontentare quel pubblico non sarebbe nemmeno così complesso per uno che talento ne ha da vendere come lui, e questa sarebbe potuta essere la prima opzione; la seconda era, forte di una popolarità in costante ascesa, buttarsi a piè pari nel calderone del rap, che tanto va di moda in questo periodo, magari ospitando una serie di colleghi dai contenuti flosci ma da millemilioni di follower, giusto perché l’unione fa la forza.

Rap, indie, tutte strade vincenti, come stare al tavolo da gioco con una scala reale in mano; ma lui con tutto il popolo del web sul fiato sul collo ad implorare altre uscite cos’è che fa? Tira fuori “Banzai”, un disco con sonorità del tutto nuove, che strizza l’occhio in maniera evidente alla black music, in particolare l’R&B, un genere che in Italia hanno esplorato in pochissimi e con risultati che non sono stati premiati dalla classifica. Un disco che si beve con estremo piacere, che rilassa e colpisce allo stesso tempo, con un solo featuring (forse record mondiale per un disco rap) con il talentuoso IRBIS 37. Per tutte queste ragioni Frah Quintale è un pazzo e a noi i pazzi piacciono da pazzi.

Marina Rei – “Per essere felici”: Un ritorno importante quello della cantautrice e percussionista romana, un po’ perché avviene dopo ben sei anni di silenzio, un po’ perché il 2020 corrisponde con i 25 anni dell’omonimo “Marina Rei”, l’album uscito subito dopo la sua primissima partecipazione al Festival di Sanremo con “Al di là di questi anni” che ne decretò il successo nazional popolare sancito poi da altre perle come “Primavera” e “Un inverno da baciare”. “Per essere felici” è composto da otto tracce nelle quali Marina Rei prosegue nel suo percorso autoriale impegnato, serio, giustamente ostinato.

25 anni durante i quali, naturalmente, la musica è cambiata, il mercato musicale ha subito ben più di una variazione e ad oggi si presenta con connotati del tutto diversi e certamente più spigolosi per quanto riguarda chi, come Marina Rei, decide consapevolmente e orgogliosamente di non addomesticare il proprio talento per strizzare l’occhio alle classifiche. In un periodo in cui le voci femminili in Italia, per motivi ancora rimasti pressoché sconosciuti, scarseggiano, “Per essere felici” risulta una boccata d’aria fresca e allo stesso tempo un grido d’allarme per tutto ciò che, distratti da social e tv di flusso, ci stiamo perdendo.

“Mi ero perso il cuore” di Cristiano Godano: intanto tranquilli, se l’aveva perso, il cuore, Cristiano Godano, che noi tutti conosciamo e amiamo come voce dei Marlene Kuntz, indubbiamente una delle più intriganti e serie realtà della musica italiana degli ultimi trent’anni, alla fine evidentemente l’ha ritrovato.

Perché ci vuole cuore, oltre che mestiere, per scrivere un album come questo. Ci viene spesso il dubbio che tutto, ma proprio tutto, sia diventata una noiosissima rincorsa all’ultimo like, che il cantautorato per come tradizione c’ha cresciuto non esista più e che non ci sia nemmeno più la lontana speranza di ritrovarci qualcosa di significativo da infilarci nelle orecchie; così spesso proviamo a prendere il best of di questo nuovo itpop santificando i suoi interpreti per fare la respirazione bocca a bocca alla nostra speranza.

Poi fortunatamente arriva Cristiano Godano con album splendidi come “Mi ero perso il cuore” e le stelle nel cielo della musica si riallineano. Il problema, semmai, è che da un Cristiano Godano, conoscendolo, non ci si poteva aspettare di meno, ma resta un 53enne, seppur splendido 53enne; e ora che succede nella musica italiana? Cosa state combinando? Ma soprattutto, parlando con i tecnici del settore, cosa state finanziando?

Baby K feat. Chiara Ferragni – “Non mi basta più”: Un brano che si ascolta con le mani che afferrano ferocemente la faccia a coprire gli occhi; non ci si può credere che ancora esistono persone che ascoltano roba di questo tipo come se fosse davvero musica. C’è modo e modo di produrre hit estive, che possono essere divertenti, sensate, anche con la data di scadenza alle spalle. Proporre una cosa del genere disturba a tal punto da diventare quasi una questione di educazione. Disastro totale.

Viito – “Luci blu e sirene”: Quarto singolo del duo romano che conquistò i teen dell’indie con “Bella come Roma” sta preparando con una serie di singoli, questo il quarto, il secondo disco. Il nuovo mercato discografico va veloce e per tenergli testa e non farsi ingoiare, bisogna necessariamente non solo correre altrettanto forte ma farsi trovare pronti, “Luci blu e sirene” non è un pezzo malvagio ma resta comunque lontano dai successi di “Troppoforte”

Rovere – “mappamondo”: Visuale garbata e trasognante del mondo post lockdown attraverso gli occhi scanzonati dei Rovere. Punto di forza del brano il ritmo estivo ma ragionato. La canzone mette allegria e se si punta alla hit estiva già stiamo a metà strada.

GINEVRA – “METROPOLI”: Sound nuovo, minimalista, atmosferico. Prendetevi venti minuti per ascoltare una storia lunga sei brani, chiudete gli occhi e provate a percepire quello spazio in cui un cantautorato fresco incontra la qualità, la calma di una metropoli di notte la pace di una cascata di suoni ipnotizzanti.

I miei migliori complimenti – “Strato”: se il romanticismo 2.0 avesse un sound probabilmente sarebbe quello robotico e divertente di “Strato”.

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