La necessità di un vero  Partito Conservatore e Liberale

Politica

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Il pensiero libero di Luigi Mazzella

Uno dei trabocchetti in cui l’essere umano di sovente cade è il significato fuorviante e distorto che i “maestri del lessico” attribuiscono alle parole da lui stesso create. Sono decenni che l’Uomo, nella stragrande generalità dei casi, si compiace di definirsi “progressista” piuttosto che “conservatore”. 

Con la complicità (certamente involontaria) del vocabolario chi si dichiara “progressista” ritiene di essere favorevole all’evoluzione e allo sviluppo positivo del mondo, di lottare per un aumento graduale (in intensità ed estensione) di migliori forme di vita. Normalmente, il progressista tiene poco conto di ciò che effettivamente realizza chi promette il progresso, a volte anche in maniera reboante e stentore; dato che si muove su spinte emotive e passionali, si accontenta facilmente della sola propaganda (che lo infiamma) e raramente tira le somme dell’attività politica svolta, verificando i risultati concreti.

Il Dizionario gli è alleato: definisce, infatti, “conservatore” chi propugna il valore della tradizione e dell’esperienza storica contro le ideologie progressiste e innovatrici o per estensione contro tutti gli elementi culturali nuovi o importati. Un giudizio sostanzialmente negativo rispetto al primo.

Sull’abbrivio della marcata preferenza “ideologica” dei “maestri del lessico” per il termine “progressista”, nel linguaggio comune “conservatore” diventa addirittura sinonimo di “reazionario”; parola che ha una connotazione ancor più sfavorevole, perché indica chi vuole il ripristino di un assetto sociale e politico storicamente superato ed è decisamente ostile a qualsiasi spinta o tendenza innovatrice sul piano politico sociale.

Considerato che la stragrande prevalenza degli abitanti della parte continentale dell’Europa si muove in una cornice culturale caratterizzata principalmente dall’idealismo irrazionalistico, religioso o filosofico, non desta meraviglia l’assenza di partiti e di uomini che si dichiarano ex professo conservatori.  Esercitare un ruolo significativo, nei vari Paesi dell’Unione Europea, a fini di conservazione, non è in pratica possibile senza tirarsi addosso epiteti dispregiativi. 

Se la distinzione fosse ancorata al concetto semplice tra chi vuole la conservazione dello Status quo chi ne vuole il cambiamento, gli equivoci farebbero minor danno. 

Diversa cosa avviene nel mondo anglosassone dove la cultura filosofica predominante è empiristica, razionale e pragmatica (con una dose di veleno solo nella coda, rappresentata dal puritanesimo anglicano e calvinista).

Difatti, grazie all’iniziativa dei Conservatori Britannici, prima della Brexit, che non tolleravano di dover fare parte del Partito Popolare Europeo né intendevano aderire all’ALDE (Associazione dei liberal-democratici), ritenuta, non a torto, caudataria dei cristiano sociali e dei socialdemocratici, esiste a livello di Parlamento Europeo anche  un Gruppo di Conservatorie Riformisti (sembra una contraddizione in termini, ma non lo è, perché, solo riformandola, si può rendere accettabile e conservatrice della nostra civiltà industriale l’Unione Europea).

Non sembra, però, che il Gruppo possa rappresentare un modello per un Partito Conservatore e Liberale Italiano. Basta osservare che di esso fa parte, per l’Italia, il partito di Giorgia Meloni, di chiara ispirazione fascista.

Un Partito Conservatore nel nostro Paese dovrebbe avere un ben distinto e differente programma e un’ispirazione liberale, dichiaratamente non idealistica ma “empiristica”, alla maniera dei conservatori inglesi e dei repubblicani statunitensi (con più contenuti richiami a principi religiosi, come l’ostentazione frequente e ripetuta della Bibbia e la persecuzione ossessiva dei reati sessuali, considerati confessionalmente “peccati della carne”). 

È chiaro che punti di contatto sul piano del riformismo a livello Europeo possono riscontrarsi con tale Gruppo (solo per fare degli esempi: Stati Uniti d’Europa, con piena sovranità e con intervento dell’Unione Europea solo se indispensabile; e ciò in luogo dell’attuale assetto federalistico ed eminentemente tecnocratico; opposizione all’immigrazione clandestina e indiscriminata).

Domanda: che cosa dovrebbe “conservare” un Partito Conservatore e Liberale italiano?

Risposta: dovrebbe tendere, (ovviamente anche a livello europeo) a conservare e, se del caso, a ripristinare:

1)    L’assetto produttivo industriale e manifatturiero, contrastando il tentativo di ridurre il capitalismo alla sola dimensione finanziaria che comporterebbe il ritorno a un nuovo Feudalesimo con la moneta al posto del latifondo e robot umani e digitali, come impiegati bancari, in luogo dei servi della gleba.

2)    La libertà di iniziativa economica dell’uomo imprenditore e la libertà del lavoro dei professionisti, dei dirigenti, degli operai in un clima di fattiva collaborazione “umana” nel senso più pieno della parola.

3)    L’equilibrio e la posizione paritaria tra i tre poteri dello Stato (Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) individuati da Montesquieu, compromessa dall’attuale Costituzione italiana che pone in posizione di superiorem non recognoscens l’attuale potere dei magistrati, riconducendolo in un ambito bilanciato e simmetricamente ponderato   e ripristinando la diversità della funzione accusatoria rispetto a quella di giudizio.

4)    La libertà dei cittadini di non ricevere notizie da chi detiene il potere di governo (sotto la falsa attribuzione di obiettività e pluralismo dell’informazione) abolendo, del tutto, il cosiddetto servizio pubblico radiotelevisivo.

5)    Il diritto dei cittadini di avere rappresentanti in Parlamento e al Governo del Paese che siano espressione della loro volontà e, quindi, di una scelta libera, non condizionata da una selezione ristretta e fuorviante operata arbitrariamente dai capi-partito.

Ovviamente, ai fini della conservazione di una società veramente libera (anche attraverso il ripristino di certi aspetti “perduti” della nostra vita di relazione) non dovrebbe mancare, nel programma di un partito conservatore e al tempo stesso liberale, l’eliminazione dei:

1)    Residui corporativi, medioevali o fascisti, tuttora presenti (soprattutto nell’Ordine giudiziario: composizione del Consiglio Superiore della Magistratura, presenze elettive di giudici ordinari, amministrativi e contabili, nella Corte Costituzionale ma anche in altri settori dello Stato repubblicano).

2)    Residui autoritari del passato regime fascista tuttora presenti nell’ordinamento (basti citare i reati di vilipendio che sono di opinione e come tali espressioni di libertà, profusi nella giustizia penale dal guardasigilli Rocco).

3)    Residui confessionali o para-confessionali, anch’essi esistenti nell’ordinamento, dipendenti da visioni di religioni o sette superate dai tempi e incompatibili con un esercizio pieno della libertà (per la presenza di un Essere Superiore che detta regole) e non più condivise da una maggioranza crescente dei cittadini più giovani (soprattutto teorie universalistiche, solidaristiche a trecentosessanta gradi, missionarie, emendative, peronistiche e sostanzialmente lassiste).

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