Caduta dalle scale? Niente risarcimento se si può usare l’ascensore

Negato il risarcimento alla paziente caduta dalle scale uscendo dallo studio medico. Vediamo perché.

Noi e il Condominio

Di

di Giuseppe Nuzzo (avvocato)

La paziente di uno studio medico sito al primo piano di un edificio condominiale agiva in giudizio contro il Condominio, per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta lungo le scale condominiali.

La paziente sosteneva che, al termine della visita medica, durante la discesa, cadeva lungo le scale, riportando la frattura dell’omero destro. A suo dire, la caduta sarebbe avvenuta a causa della scarsa illuminazione dei locali, nonché a causa del pavimento scivoloso e della conformazione della scale, anguste e senza corrimano. Precisava che lo studio medico era raggiungibile solo attraverso le scale, in quanto l’ascensore era accessibile con apposita chiave, posseduta solo dai condomini del palazzo.

Il Tribunale di Trani (sentenza n. 373 del 20 febbraio 2020) ha respinto la domanda risarcitoria

 Mancata custodia. Si parla di responsabilità del Condominio per mancata custodia delle parti comuni. La norma di riferimento è l’articolo 2051 del codice civile. Tale norme prevede una forma di “responsabilità oggettiva”. Il custode si “presume” responsabile del danno in presenza di un “rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo”.

Cosa deve provare il danneggiato? Nonostante ciò, il soggetto che chiede il risarcimento deve comunque dimostrare: 1) Il rapporto di custodia tra il custode e il bene custodito; 2) L’esistenza di un danno conseguente alle particolari condizioni della cosa, e la sua entità; 3) Il nesso di causalità tra il bene custodito e l’evento lesivo, cioè la prova che il danno subito sia collegato alla cosa in custodia.

La responsabilità del Condominio. Il Condominio è senz’altro da qualificare come “custode” delle scale (e di tutte le altre parti comuni) dell’edificio. È tenuto ad adottare ogni misura utile e necessaria alla manutenzione e conservazione delle parti comuni, affinché esse non arrechino danno ad alcuno, sia esso terzo o condomino dello stabile. In altri termini, “il custode è il presunto responsabile dei danni provocati dalla cosa in custodia anche se essa, pur intrinsecamente non pericolosa, lo divenga in conseguenza di un processo provocato da elementi esterni, come l’omessa manutenzione”.

Il caso fortuito. Il Condominio ha un solo modo per liberarsi da ogni responsabilità: fornire la prova del “caso fortuito”: vale a dire, un fattore esterno alla sfera operativa del custode – compreso il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato – del tutto eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, tale da essere da solo sufficiente a determinare l’evento lesivo e dunque atto ad interrompere il rapporto tra bene custodito e danno.

Niente prove, niente risarcimento. Sulla base di tali premesse, nel caso di specie il Tribunale ha respinto la domanda risarcitoria i quanto la danneggiata non ha offerto prova delle circostanze concrete del fatto dannoso, come pure del nesso tra condizioni delle scale e danno. Contrariamente a quanto affermato dalla donna, le fotografie prodotte in giudizio hanno dimostrato che le scale fossero sufficientemente comode e sicure da percorrere. Nulla poi è stato dimostrato sulla presenza di liquido sulla pavimentazione al momento della caduta.

Illuminazione delle scale. Anche la tesi della scarsa illuminazione è smentita dalle foto, da cui si evince che le scale fossero sufficientemente illuminate dalla luce naturale proveniente dal porte d’ingresso a vetri e dalla finestra situata in corrispondenza della circa della scala.

Occhiali scuri. D’altronde – sottolinea il giudice – tenuto conto dell’orario del sinistro (circa le 12.00) e del giorno di piena estate (era agosto), appare inverosimile che non vi fosse sufficiente illuminazione, posto che, peraltro, le porte d’ingresso agli studi medici sono munite di faretti sempre accesi. “L’attrice – si legge nella sentenza – indossava come d’abitudine un paio di occhiali scuri, sicché appare ragionevole considerare la sensazione di buoi riferita dalla stessa come frutto di una percezione, non obiettivamente riscontrabile”.

Possibilità di usare l’ascensore. Smentita anche la tesi della impossibilità di utilizzare ascensore. È vero che erano necessarie le chiavi per accedere all’ascensore; ma risulta provato anche che i pazienti potessero servirsi dell’ascensore su richiesta.

Condotta negligente della danneggiata. La signora – conclude il Tribunale – “considerate le sue condizioni, avrebbe dovuto fare ricorso ad un ausilio adeguato, e cioè ad una persona che le stesse effettivamente accanto guidandola nella discesa (…) ovvero di fruire effettivamente, come era possibile, dell’ascensore”. Perciò, la caduta è stata imputata unicamente al comportamento negligente ed imprudente della signora, e non alle condizioni delle scale condominiali.

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