Uno non vale uno

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Editoriale

In occasione del conferimento della laurea honoris causa in scienze della comunicazione, all’Università di Torino, il celebre e compianto scrittore e semiologo Umberto Eco asserì “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”. Eco continuò poi citando Hegel, prolifico filosofo tedesco che ha influenzato la sorte storica e politica del XX secolo affermando che “la lettura del giornale è la preghiera quotidiana dell’uomo moderno”. Evidenzia dunque la profonda differenza che corre tra la lettura di un giornale, (spazio sacro nell’arco della giornata di un uomo riservato alla riflessione e all’approfondimento), e gli spot telegrafici dei social media regno in cui vige la regola del “corto e ad effetto”, privo di qualsiasi desiderio di approfondimento o spazio di pensiero critico.

Internet (e più segnatamente il social media), di per sé non è né buono né cattivo. La sua peculiarità, che ne costituisce al contempo la sua forza ed il suo tallone d’Achille, è il non avere una governance globale. Ogni paese tende a regolamentarlo al limite della rilevanza penale ed a tutelare gli interessi dei singoli cittadini e del loro insieme come comunità, ma lo sforzo nazionale impallidisce davanti alla globalità del Web, dove logiche estese e sfuggenti non possono rispondere al singolo legislatore.

L’illusione che Internet sia il luogo perfetto per la Democrazia, dove uno vale uno, dove siamo tutti uguali (le legioni di imbecilli di Eco accumunate ai Premi Nobel) se applicata alla politica reale corre il rischio di trasformare la  Democrazia (governo dei migliori, degli onorevoli, dei Senex – letteralmente i vecchi, i Padri della Patria – rappresentativa del popolo) in Oclocrazia (dal Greco antico óchlos, «moltitudine, massa» e krátos, «potere» – governo in cui le masse influenzano direttamente le decisioni di governo). Un governo democratico viene eletto in nome del popolo e poi agisce per il bene comune, avendo una visione il più saggia e lungimirante possibile. Un governo Oclocratico, demagogico, risponde alla pancia della massa ed ai suoi tumulti, in maniera labile e caotica. Nella nostra epoca, un governo che comunica per il tramite dei social media le decisioni maturate in maniera autonoma e seria è modernamente democratico; un governo che subisce la linea dagli umori degli utenti o dalle campagne lanciate a suon di “# hashtag” è Oclocratico e miope, destinato al fallimento suo e del paese che guida. Una forza di governo che seleziona i suoi “campioni” attraverso tale metodo, è storicamente delirante e filosoficamente utopico. L’utopia e la storia, quando si incontrano (pensiamo agli estremismi religiosi e sociali, o ai filosofi francesi al potere attraverso la ghigliottina) fabbricano inevitabilmente violenza e pagine grigie, o nere, della nostra storia.

La politica ha bisogno di ispirarsi a valori importanti, valori fondanti, e di ispirare a sua volta questi valori nei cittadini che essa è chiamata all’alto compito di governare.

La competenza e la cultura, lo studio e la capacità di applicare tali conoscenze nella realtà non possono venire appiattite dall’illusione di Internet che uno valga uno. La buona politica è fatta dai buoni padri, e dalle buone madri, di famiglia, da studiosi, da professionisti. Da persone competenti. E la competenza va pagata e rispettata. Non è possibile, per esempio, sentire un medico parlare di un certo argomento con competenza e rigore scientifico ed assistere poi alla replica del quisque de populo che parla con la stessa autorevolezza e la stessa capacità di influenzare l’uditorio.

Il Parlamento – non il social media – deve rimanere il tempio della Democrazia, spazio per approfondimento, conoscenza e capacità di indirizzo e decisione. Guai ad una società dove la dittatura isterica della moltitudine appiattisce il valore dei migliori all’interno di essa.

Giandomenico Graziano

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