Boris Johnson è a caccia di voti per la Brexit

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Dopo l’accordo di divorzio dall’Ue con Bruxelles, ora il premier deve convincere il Parlamento di Westminster

Sarà una giornata di frenetica caccia al voto per Boris Johnson, il premier britannico, che è riuscito a siglare l’accordo di divorzio dall’Ue con Bruxelles, ma che adesso deve convincere il Parlamento di Westminster.

Eppure il leader conservatore potrebbe uscire vittorioso anche in caso di una sconfitta parlamentare: Bojo ha centrato l’impegno a creare le condizioni per uscire dall’Ue il 31 ottobre, e se i Comuni dovessero bloccarlo potrà comunque sostenere, nella prossima campagna elettorale, di aver fatto tutto il possibile per rispettare l’impegno ma che i recalcitrati deputati lo hanno bloccato.

Si tratta, come sottolineano diversi giornali britannici, di uno scenario ‘win-win’. Johnson ha bisogno di almeno 320 voti, ma il Dup, il partito nazionalista irlandese che ha tenuto in vita il precedente governo conservatore, gli ha già detto ‘no’: oltre al Dup, si sono opposti anche i Laburisti (il leader Jeremy Corbyn chiede un referendum sull’accordo, ma nel voto ci potrebbe essere qualcuno che si sfila), i Lib-Dem e i nazionalisti scozzesi dell’Snp. Per lui la strada è in salita. Anche se ottenesse il ‘via libera’ di tutti i 287 deputati Tory, gliene occorrerebbero altri 33 per arrivare ai 320 di cui ha bisogno per la maggioranza.

Il premier probabilmente si concentrerà sui parlamentari laburisti eletti nelle aree del Leave, sui Tory Brexiter e sui 21 ribelli espulsi dal suo partito nei mesi scorsi. Alcuni deputati euroscettici di Erg, che avevano rifiutato di votare l’accordo di Theresa May, quando fu votato per la terza volta nel marzo scorso, stavolta hanno fatto capire che potrebbero sostenerlo. Continuano anche i negoziati con il partito unionista irlandese, nonostante la loro insistenza per il ‘no’. Pare che Bojo abbia preso personalmente in mano il cellulare per la sua ‘charme offensive’ per convincere i riottosi.

I deputati sono stati invitati a un briefing organizzato dai ministri Michael Gove, Miss Pate e Dominic Raab per essere aggiornati sull’accordo; c’è già stata una riunione con 11 dei 21 deputati espulsi. Non è chiaro se Bojo espellerà i deputati Tory che voteranno contro l’accordo: gli è stato chiesto venerdi’ a Bruxelles e ha risposto in maniera vaga.

La resa dei conti, domani, a Westminster (la prima volta che si riunisce di sabato dalla guerra delle Falkland, 37 anni fa) sarà l’ultima possibilità per il premier di approvare un accordo prima della scadenza del 31 ottobre, data prevista per l’uscita. Se venisse bocciato, è stata votata una legge per cui deve chiedere all’Ue una proroga fino al 31 gennaio, cosa che ha detto che non vuole fare (e del resto, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, lo ha escluso anche se la cancelliera tedesca, Angela Merkel, è stata piu’ possibilista). Probabilmente a quel punto, Bojo spingerà per le elezioni anticipate: i sondaggi YouGov danno i Tory davanti al rivale Labour di almeno 11 punti percentuali. 

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