Al Sinodo la gioia delle comunità indigene dei Mundurukù

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Federico Piana – Città del Vaticano

Negli Stati brasiliani di Parà ed Amazonas vive la popolazione degli indigeni Mundurukù. Quasi 14 mila anime distribuite in 130 villaggi tra i fiumi Tapajós e Madeira su una superfice da record: 175mila chilometri quadrati. Al Sinodo sull’Amazzonia, mons. Wilmar Santin, vescovo prelato di Itatuba, dice di voler essere la loro voce per testimoniare la gioia e la vivacità delle comunità cristiane locali. “Comunità talmente in fermento che ho dovuto nominare 48 ministri della Parola tra i Mundurukù” afferma con non poca soddisfazione.

E tra loro ci sono anche donne?

R. – I gruppi sono due. Il primo è composto da venti uomini e quattro donne, il secondo da cinque donne e diciannove uomini. La presenza delle donne è una rivoluzione importante: basti pensare che nella cultura Mundurukù l’uomo viene sempre prima della donna. In questo caso lavorano insieme. Inoltre tra loro, ci sono persone sposate le quali anch’esse hanno ricevuto il ministero della Parola: tutti assistono comunità dove ancora non c’è un sacerdote.

La formazione di questi ministri come si è svolta?

R. – Si sono realizzati più incontri di tre giorni nella nostra missione chiamata San Francesco. Tutti insieme hanno ricevuto lezioni sia teoriche che pratiche. Una formazione capillare.

I ministri della Parola possono essere considerati una soluzione alla mancanza di sacerdoti in Amazzonia?

R. – Sì, è il primo passo per risolvere questo problema. La seconda tappa sarà la creazione di ministri del battesimo che potranno essere uomini e donne. Adesso stiamo facendo la formazione di alcune persone per questo scopo. Successivamente penseremo anche ai ministri del matrimonio.

La sua speranza in futuro è quella dei diaconi permanenti?

R. – Certamente. Vediamo cosa uscirà dal Sinodo, in questo senso.

Lei, per la sua diocesi, ha lamentato un forte proselitismo degli evangelici. Che rapporto c’è in questo momento con loro?

R. – Non c’è uno scontro diretto. Però il problema è che, alcune volte, nella comunità dei Mundurukù si crea divisione. E questo genera un sentimento di amarezza.

 

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