A che servono le elezioni se le ex Province siciliane ‘vegetano’?

Sicilia

Di

 
Angelo Forgia

Ce lo chiediamo perché a noi risulta che, per pagare gli stipendi ai circa 6 mila dipendenti e per assicurare i servizi ai cittadini siciliani occorrono circa 500 milioni di euro all’anno. Solo che Stato e Regione siciliana hanno racimolato solo 200 milioni di euro. Con i quali si potranno solo pagare gli stipendi ai dipendenti senza assicurare i servizi ai cittadini. Tutto questo non è uno spreco di denaro pubblico?

Ma veramente ci vogliono fare credere che le ex Province siciliane non servono a niente? Il dibattito che si è sviluppato su queste istituzioni ci lascia perplessi. Rispetto a questo tema, non ci ha mai convinto la linea politica seguita, nella passata legislatura, dai Governi nazionale e siciliano di centrosinistra; e oggi non ci convince la linea politica tenuta dall’attuale Governo nazionale Giallo-Verde e dal Governo regionale di centrodestra.

Noi vogliamo partire dai fatti che premono ‘dal basso’. E i fatti che premono dal basso ci dicono che, da almeno quattro anni a questa parte, alcuni servizi che sono sempre stati effettuati dalle Province, di fatto sono stati eliminati. Le strade provinciali della Sicilia, competenza storica delle ex Province, sono quasi tutte abbandonate. La manutenzione degli edifici scolastici – con riferimento ai Licei e, in generale, alle scuole superiori – è un’altra competenza storica delle ex Province. Ci chiediamo e chiediamo: in questi ultimi anni chi si è occupato di questo problema? I Comuni? I presidi?

Nei giorni scorsi il Comune di Catania – che è in grande difficoltà finanziaria – ha fatto sapere di non avere i soldi per occuparsi dell’accompagnamento a scuola degli studenti disabili. Ma questa, fino a prova contraria, era una competenza in capo alle ex Province siciliane. Come mai se ne occupava il Comune di Catania?

L’attacco alle ex Province siciliane è cominciato nel 2013, quando l’allora presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, si catapultò nel salotto televisivo di Massimo Giletti per ‘strillare’ ai quattro venti che il suo Governo aveva abolito le Province! Appoggiato, allora, dai parlamentari regionali di centrosinistra e del Movimento 5 Stelle (questi ultimi, allora, erano appena entrati in Assemblea regionale siciliana).

In realtà, il Governo Crocetta non ha avuto il coraggio di abolire le ex Province. Le ha ‘riformate’. Solo che mentre il Governo siciliano di centrosinistra le ‘riformava’, il Governo nazionale allora retto dal PD di Matteo Renzi sottraeva alle Province siciliane tutto quello che gli poteva sottrarre.

Il Governo Renzi ha ricevuto grandi aiuti dall’Unione Europea. Aiuti per modo di dire, perché l’unico aiuto che l’Unione Europea ha dato all’Italia è stato il sì all’aumento dell’indebitamento. In alcuni momenti il Governo Renzi ha superato il ‘fatidico’ 3%: ma Bruxelles non ha detto nulla. Era un Governo ‘amico’ e agli amici tutto si concede.

Pur avendo avuto tutte queste agevolazioni – che sono state negate all’attuale Governo nazionale, che invece è stato messo in grande difficoltà – il governo Renzi aveva sempre bisogno di soldi: e li ha sottratti, a man bassa, alla Sicilia. Li ha sottratti alla Regione con due ‘Patti’ firmati da Crocetta; e li ha sottratti anche alle Province siciliane. Alle quali ha imposto un prelievo forzoso annuale pari a circa 240 milioni di euro all’anno e ha tolto circa 220 milioni di euro che le ex Province siciliane introitavano gestendo le RC Auto e i libretti automobilistici.

Negli ultimi anni le nove ex Province siciliane sono riuscite a pagare gli stipendi ai circa 6 mila dipendenti,recuperando somme di qua e di là. La cosa incredibile è che, ormai, non svolgono più, per mancanza di soldi, il ruolo che gli assegna la legge (basti vedere l’abbandono delle strade provinciali che è sotto gli occhi di tutti), ma continuano a pagare gli stipendi ai dipendenti!

Ebbene, la cosa ancora più incredibile è che Governo nazionale e Governo regionale, per quest’anno, hanno racimolato circa 200 milioni di euro che serviranno a far sopravvivere le ex Province siciliane, pagando i circa 6 mila dipendenti, dando per scontato che – sempre per mancanza di soldi – le stesse province non potranno assicurare ai cittadini siciliani i servizi previsti dalla legge!

A questo punto la domanda è d’obbligo: ma se già da qualche anno – e anche per quest’anno – le ex Province siciliane ‘vegeteranno’, perché non hanno le risorse per gestire i servizi previsti dalla legge, non sarebbe stato logicotrasferire queste sei mila persone in altri uffici pubblici dove potrebbero fare qualcosa di utile per la società siciliana?

Visto che i 200 milioni di euro sono stati trovati potrebbero, ad esempi, lavorare presso i Tribunali, o presso le amministrazioni pubbliche che sono, ad esempio, in affanno nella gestione dei rifiuti. E invece? Invece resteranno negli uffici della ex Province siciliane, non si capisse per fare che cosa!

Non siamo solo noi ad aver manifestato l’assurdità di amministrazioni pubbliche che esistono solo sulla carta. Anche il sindaco di Messina – che è anche sindaco metropolitano di Messina – ha detto in modo chiaro che con 200 milioni di euro, nel 2019, cioè quest’anno, le ex Province siciliane non solo non riusciranno a garantire i servizi previsti dalla legge che le ha istituite, ma non riusciranno nemmeno a pagare i debiti!

Ci chiediamo: ma una vicenda così assurda, dove il denaro pubblico viene praticamente ‘bruciato’ per tenere in vita istituzioni ormai ‘fantasma’, come mai non ha sollecitato l’interesse della Corte dei Conti?

Ancora: lo Stato ha deciso che una parte di questi 200 milioni di euro per far sopravvivere le ex Province siciliane si prenderanno dai fondi per gli investimenti. Domanda: questi soldi non sarebbe opportuno utilizzarli, ad esempio, per sistemare le strade provinciali della nostra Isola? Perché sprecare in questo modo il denaro pubblico?  

Di più: in un’atmosfera di ‘nullismo’ si dovrebbero celebrare grottesche elezioni di secondo grado per eleggere i presidenti di sei ex Province siciliane!

Infatti, in base a una fallimentare legge nazionale (fallimentare perché è fallita in tutta l’Italia) le Province di Palermo, Catania e Messina sono state trasformate in città metropolitane; mentre le altre sei ex Province della nostra Isola hanno preso il nome di Liberi Consorzi di Comuni. Per le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina i sindaci metropolitani, alla faccia della democrazia, sono gli stessi sindaci dei tre Comuni; i presidenti delle altre sei ex Province li debbono eleggere i sindaci e i consiglieri comunali (sono queste le elezioni di secondo livello). Domanda: ma dopo che eleggono i presidenti dei sei Liberi Consorzi, oScusate: ma a che servono le elezioni provinciali se le ex Province siciliane ‘vegetano’? sei ex Province, che cosa si conclude? Vanno a presiedere enti che non hanno i soldi per svolgere i servizi? Ma possibile che si debba procedere con questa assurdità?

O, forse, debbono essere eletti per andare a gestire appalti? Ma questa è un’altra storia che racconteremo la prossima settimana…

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