I mini bond di Borghi: un’idea geniale!!! (ma è un film già visto…

Economia & Finanza

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Il parlamentare leghista Claudio Borghi (uno dei pochi dell’intera maggioranza a capire di economia) ha avanzato la proposta dei mini-bond: cioè, dato che esiste un endemico stato di sofferenza dei debito della Pa verso i suoi fornitori, che spesso falliscono pur vantando crediti di molto eccedenti i loro debiti, paghiamoli non in contanti ma con dei Bot di piccolo taglio, che gli consentano di liquidare il loro credito. Insomma i creditori potranno immediatamente spendere i mini Bot come denaro liquido, per pagare i loro creditori o dipendenti. In altri termini una moneta collaterale.

E, infatti Draghi ha subito stroncato la proposta come illegale in quanto moneta aggiuntiva all’Euro. I leghisti si difendono dicendo che non si tratta di una nuova moneta, perché i mini bot non hanno circolazione forzosa e chi la riceve può rifiutarla.

Vediamo meglio come stanno le cose: il signor Rossi riceve mini Bot per 1 milione a compenso della sua fornitura alla Pa, dunque va in banca a versarli per tappare il buco delle sue pendenze. La banca li accetterà? Improbabile, decisamente improbabile, anche perché la Banca non riceve moneta divisionale e, peraltro, ha già in pancia sin troppi titoli di Stato.

A quel punto, al povero signor Rossi non resterà che usare i mini bot (che si immagina abbiano tagli da 1 a 100 euro) per dare il resto ai suoi clienti, per pagare una parte delle forniture che riceve, o per la paga dei suoi dipendenti eccetera. Trattandosi di piccole somme ciascuno li accetterà, se contenute in porzioni limitate. Ad esempio: il salario di 1.000 euro di un suo fattorino, sarà pagato per 920 euro in contanti o con bonifico, e con 80 euro in mini bot. Magari il dipendente non farà salti di gioia, ma, alla fine, non farà storie, anche per aiutare la sua azienda e salvare il suo posto di lavoro. A sua volta pagherà una parte della spesa al supermercato con lo stesso sistema (già vedo i cartelli: “Questo Market accetta mini bond”) ed il supermercato li userà come resto per i clienti come frazione dei salari eccetera. 

In breve, i mini bot diventeranno moneta corrente nei fatti e si scioglieranno nel grande mare del mercato.Comunque, i mini Bot non si sa se avranno una scadenza (annuale, biennale, triennale o quel che vi pare) per cui, alla scadenza (sempre che ci sia) bisognerà rimborsarli in qualche modo ai possessori; ma qui sta la trovata geniale: una parte dei bot in questione, stampati su carta di infima qualità, si saranno distrutti, un’altra parte sarà stata persa nelle tasche o nei cassetti dei possessori, un’altra parte finirà negli album dei collezionisti. E ben pochi possessori si recheranno in Banca d’Italia per riscuotere il corrispettivo di alcune decine di euro o, al massimo di un centinaio. Infatti, ciascuno dei possessori temporanei si darà da fare per smaltire i mini bot che possiede. Quindi solo una parte minima verrà rimborsata. 

Morale: il debito della Pa verrà spalmato su tutti i cittadini e la quota rimborsata sarà solo una parte infima del totale.

Una truffa geniale, non c’è che dire e si capisce perché i creditori della Pa sono terrorizzati da questa prospettiva pensando che così “non ci pagano più” o che il loro credito si sbriciolerà. 

Immaginate una azienda che abbia crediti per 6 milioni di Euro e si veda pagare con qualche chilata di kleenex di stato del valore di 20 o 50 euro l’uno, che poi deve pensare a piazzare. Insomma Draghi non ha torto quando dice che o si tratta di una nuova moneta o si tratta della trasformazione di un debito commerciale in altro debito pubblico. Solo che qui la riserva mentale è quella che questo debito non sarà mai onorato.

Un’ idea assai furba ma non nuova e che anzi, mi riporta ai tempi della mia (haimè) lontana gioventù. Ai primi anni settanta. In quel periodo la Zecca dello Stato aveva macchinari antiquati ed una sede inadeguata, per cui non riusciva ad emettere moneta metallica divisionale (segnatamente le monete da 50, 100 e 200 lire) di cui c’era forte penuria sul mercato e la gente si arrangiava come poteva usando come mezzo di pagamento i gettoni del telefono (che valevano 50 lire), francobolli, marche da bollo ed il resto era dato spesso come caramelle o persino mollette.

Sin quando il San paolo di Torino non ebbe l’idea: emettere mini assegni circolari in taglio variabile da 50 e 350 lire. L’idea dilagò e ci furono circa 300 banche che seguirono l’esempio, emettendo mini assegni per un valore complessivo mai stimato complessivamente ma sicuramente per diversi miliardi che, di fatto, le banche non pagarono mai, facendo affari d’oro. Anche perché, ve l’immaginate qualcuno che da Torino va in Romagna per incassare 200 lire di mini assegni del credito romagnolo?

Conservo ancora fra i mei ricordi qualcuno di questi mini assegni. Se la memoria non mi inganna, ci fu una sentenza di una magistratura superiore (non ricordo se Cassazione, Corte dei conti o Corte Costituzionale) che dichiarò illegali i mini assegni e la giostra finì, anche perché la Zecca, a fine 1979, si dette una nuova sede nuovi macchinari in grado di produrre gli spiccioli necessari. Forse sarebbe il caso di ricercare quella vecchia sentenza…

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