Silvio Berlusconi: un eterno presente

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Sembra di essere nell’ormai lontano 1994. Anno delle elezioni politiche post Tangentopoli, svoltesi in un clima di profonda rabbia, di spaesamento e di protesta nei confronti dei ‘signori della politica’. Coloro che hanno governato il Paese, esplicitamente o indirettamente, sono stati delegittimati e condannati per corruzione, clientelismo. L’Italia aveva perso la sua classe dirigente.

Ma nel momento più buio della storia della Repubblica Italiana, Silvio Berlusconi promette di realizzare “il miracolo italiano”, un uomo legittimato dai suoi successi personali ed imprenditoriali. Diventerà uno dei maggiori protagonisti della Seconda Repubblica, leader di governo e di partito. Forza Italia incarna il prototipo italiano più riuscito di partito personale, interamente basato sulla persona del Cavaliere, tanto da fungere da strumento a servizio delle necessità.

Ebbene oggi, dopo ormai 25 anni dalla sua nascita, sembra di essere tornati negli anni Novanta. Berlusconi è ovunque: in qualsiasi talk show televisivo, nei programmi di approfondimento, sui giornali. Invoca una presa di coscienza da parte degli italiani, incapace di comprendere come il mondo sia cambiato e come sia diventato.

Ma come si fa a ragionare così! Italiani svegliatevi, siete attualmente completamente ciechi rispetto a quello che accade in questo Paese. Siete una vergogna. Lo dico a quelli che non votano e anche a quelli che votano male”, questa è l’invettiva fatta a Stasera Italia su Rete 4.  Abbandonati i comunisti e la paura del pericolo rosso, il nuovo nemico diventa il Movimento 5 Stelle, colpevole di aver abbindolato gli italiani: ”Siamo nelle mani di persone pericolosissime per il nostro futuro, l’economia, la ricchezza e le libertà”.

Dunque gli italiani sembrano essere impazziti, fuori di testa: “Hanno affidato l’azienda Italia a chi non la conosce, non ha lavorato o studiato, come Di Maio e gli altri al vertice” dichiara a Pomeriggio 5 su Canale 5. L’unica soluzione a questa deriva di incompetenza può essere, a suo parere, solo il centrodestra unito che necessita dell’apporto di Forza Italia “depositaria di tutti i valori dell’Occidente”.

Tuttavia il problema principale continua ad essere rappresentato dalla Lega di Salvini che si trova stretto tra due situazioni: da un lato, il suo impegno di governo con il Movimento 5 Stelle e, dall’altro, rispetto alla coalizione di centrodestra, assieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Berlusconi continua però a ritenersi come il leader della coalizione, il suo collante, tuttavia i fatti continuano a smentirlo. Le ultime elezioni regionali in Abruzzo lo confermano: se nel 2014 Forza Italia aveva ottenuto il 16,7%, il 10 febbraio 2019 appena il 9%. Per non parlare delle elezioni politiche che vedono il passaggio da un 21,5% (2013) al 14% (2018). Una parabola personale che non accenna a placarsi, specie in vista delle elezioni europee poiché Berlusconi vorrebbe porsi come capolista in tutti i collegi. Una ‘deriva pigliatutti’ che sembra essere un ultimo (forse disperato) tentativo di fermare un’emorragia di consensi che sembra ormai inarrestabile.

Uno dei principali problemi di FI è quello di aver talmente personalizzato il suo partito da non garantirne la sopravvivenza in caso di dipartita del suo leader naturale; Antonio Tajani, attuale presidente del Parlamento europeo, sembra essere uno dei pochi a distinguersi all’interno del partito ma non tanto da farne un successore. Questo è uno dei maggiori limiti della strategia berlusconiana, incapace di rinnovarsi e di stare al passo con i tempi al contrario del suo alleato storico, la Lega, che ha ritrovato in Matteo Salvini la sua rinascita.

Un declino figlio di un’era in cui nulla è come prima, in cui nuove forze hanno dominato la scena politica italiana: energie del tutto nuove come il M5S ma anche tradizioni che hanno saputo svecchiarsi e porsi come discontinue rispetto al passato (Lega). Non a caso chi si pone in continuità con il passato non fa che perdere consensi, vedi Partito Democratico o appunto Forza Italia.

Dunque la domanda da porsi è: in un contesto così trasformato, abbiamo ancora bisogno di Silvio Berlusconi?  

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