Elezioni regionali in Abruzzo: stravince il centrodestra

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Marco Marsilio vince le elezioni regionali in Abruzzo con il 48% dei voti, si ferma al secondo posto Giovanni Legnini (centrosinistra) con il 31%. Terzo posto per Sara Marcozzi con il 20% (M5S), quarto Stefano Flajani (Casapound) che non riesce a superare l’%.

L’Abruzzo rappresenta una vittoria importante per il centrodx, in particolar modo per la Lega che, rispetto alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, guadagna 62.302 voti. Il partito di Matteo Salvini è l’unico a crescere in termini di voti (insieme a Fratelli d’Italia con circa 3.387 consensi in più); Forza Italia perde circa 50.516 delle preferenze, il Partito Democratico 47.377. Ma il dato più interessante è senz’altro quello del M5S che registra un tracollo: circa 174.986 voti in meno. [Fonte: Youtrend]

Marco Marsilio dunque è il nuovo governatore della regione Abruzzo con quasi il 50% delle preferenze. Questa vittoria apre una serie di riflessioni: quale potrà essere ora il futuro del centrodestra? Le elezioni regionali sono un importante banco di prova per i partiti di governo soprattutto se, come la Lega, si trasforma una competizione di per sé locale in nazionale. Infatti Salvini e Giorgia Meloni hanno svolto una campagna elettorale quasi interamente basata su tematiche nazionali, tanto che la votazione è stata vista come un referendum sull’operato della Lega al governo, ampiamente spalleggiato da FdI. Forza Italia si presenta come la gamba monca della coalizione, sia in termini di voti poiché è caratterizzata da un costante declino di consensi, sia in termini di visibilità a causa dello scarso appeal di Berlusconi nel catturare nuovi elettori. Data questa situazione Salvini deve iniziare a valutare quale debba essere il suo futuro: rimanere all’interno del centrodestra oppure ristrutturare la propria posizione in coalizione. Di certo queste elezioni, insieme sia alle europee che agli altri appuntamenti regionali, saranno di certo strumenti di analisi per fare opportune valutazioni.

La questione più scottante è il tracollo del M5S: nelle elezioni politiche del 2018 il Movimento aveva conquistato il 39% dei voti, dopo quasi un anno perdono il loro vantaggio nella regione adriatica. Anche il questo caso è stato un voto sul governo, a dimostrazione che il reddito di cittadinanza non può essere l’unica misura su cui basare la propria forza avendo (per il momento) meno appeal rispetto alle misure intraprese dalla Lega negli ultimi mesi. Questa elezione riflette l’inversione dei rapporti di potere all’interno della coalizione di governo nella quale Matteo Salvini è di fatto il principale protagonista, perennemente rincorso dagli alleati di governo che appaiono sempre più come sottoposti che come membri alla pari.

Il candidato di centrosinistra Giovanni Legnini ha attuato un ‘modello inclusivo’ con l’appoggio di otto liste civiche da cui “deve certamente ripartire il centrosinistra per creare un’alternativa valida e competitiva”. La consegna della regione Abruzzo al centrodestra dopo l’amministrazione di Luciano D’Alfonso è emblematica della situazione interna al Partito Democratico che non ha visto la presenza di grandi nomi in campagna elettorale poiché totalmente assorbiti dal congresso e dalle primarie, lasciando che siano le liste a condurla. Una nuova dimostrazione del distacco del centrosinistra dalla cittadinanza, sempre più impegnato a ricucire le ferite interne che si fanno sempre più profonde.

Di fatto i risultati di queste elezioni forniscono materiale su cui riflettere per tutti i partiti, specie per quelli di governo: la Lega deve capire se continuare il suo percorso con i Cinquestelle da cui ha solo da guadagnare ma rimane il problema della sua collocazione rispetto alla coalizione di centrodestra; il M5S sta perdendo consensi in modo generalizzato ma è consapevole che da solo non può ambire alla creazione di un governo monocolore, specie nella situazione in cui è adesso. Una cosa è certa: una crisi di governo non è la soluzione per nessuno dei due alleati, specie in questo momento.

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