Quando la migrazione è risorsa per lo sviluppo

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ROMA – C’è una migrazione diversa da quella drammatica degli sbarchi e dei rimpatri forzati. Una migrazione fatta di competenze, legami territoriali, creazione di impresa, che genera economia e integrazione. È questa visione che il Summit delle Diaspore trasmette, non attraverso discorsi teorici o slogan pubblicitari, ma attraverso l’azione e i progetti. Secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, vi sono in Italia oltre 2100 associazioni di migranti e un settimo delle imprese sono gestite da imprenditori di nazionalità non italiana. Dati importanti, che configurano un mondo ben diverso da quello delle emergenze raccontate dalla narrazione mainstream. Imprenditori e associazioni espressione delle diaspore, a diverso titolo si occupano di attività economiche, sociali e culturali in tutta Italia e nei paesi di origine. Per questo la legge 125/2014 prevede che questi soggetti possano essere attori della cooperazione e destinatari di fondi per iniziative di sviluppo.

Dopo l’esperienza pilota dello scorso anno, martedì 25 settembre ha avuto luogo a Roma la presentazione del secondo capitolo del progetto “Summit Nazionale delle Diaspore” che sarà operativo nel 2018-2019.
“Diaspora vuol dire aver trovato una nuova casa, diaspore vuol dire parlare molti linguaggi diversi”, ha esordito il vice ministro agli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Emanuela Claudia del Re. “Diaspore vuol dire avere una visione prismatica del mondo, che è la realtà di oggi. Diaspore significa investire sulle seconde generazioni e sui Paesi d’origine perché si possa avere tutti una vita migliore. Perché migrare è una pulsione naturale dell’uomo ma stare a casa propria dovrebbe essere un diritto di tutti. E allora”, ha proseguito Del Re, “investire con modelli di sviluppo nuovi e vincenti che coinvolgano contemporaneamente le diaspore e i paesi di origine è importantissimo”.
“Questo progetto”, ha detto ancora il vice ministro, “è un tesoro, un conto in banca, un capitale che nel tempo frutterà importanti interessi sociali, politici economici. È ora di credere che i nostri interlocutori nei Paesi cosiddetti terzi non siano dei beneficiari”, l’invito di Del Re, “ma dei partner costruttivi di un rapporto bidirezionale in cui si cresce entrambi. Le diaspore che ci arricchiscono in Italia devono essere sostenute, non aiutate, in un percorso di sviluppo. Questo capitale, nel tempo, se sapremo trasmetterlo adeguatamente alle nuove generazioni, sarà la nostra ricchezza futura”.
Emilio Ciarlo, responsabile Relazioni Esterne e Comunicazione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, ha spiegato con una bella metafora il perché di questo progetto. “Il blues è nato in Africa Occidentale, poi ha attraversato il mare ed ha trovato la sua fortuna negli Stati Uniti, ma oggi sta ritornando alle sue origini, in Mali, in Burkina Faso. Perché dico questo? Perché il blues è un esempio di migrazione circolare ed è una musica di tutti, che si è aperta ed è diventata un modello condiviso. Crediamo molto in questo modello e per questo siamo molto orgogliosi, come AICS, di supportare il percorso del Summit. Vogliamo dare la possibilità alle associazioni di diventare attori del cambiamento nei Paesi di origine e di diventare gestori di fondi pubblici. E crediamo che questo sia un modello da diffondere”, ha detto Ciarlo.
Per accrescere il know-how, creare sinergie e progettualità comuni, ecco allora che il progetto Summit Nazionale delle Diaspore propone incontri con imprenditori e associazioni espressioni delle diaspore in 12 città italiane, moduli di formazione frontale e a distanza, eventi culturali e un sito web di informazione.
Fondamentale, in questo percorso, che si sviluppa da ora e fino a dicembre 2019, il supporto delle Fondazioni che cofinanziano il progetto. 
Stefania Mancini, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne, ha sottolineato l’importanza delle azioni territoriali, ancora più radicali rispetto al Summit Nazionale. “È importante valorizzare le diaspore presenti in tutta Italia, le loro potenzialità e la storia del loro radicamento nel territorio. Sono queste storie che possono fare la differenza e costruire una “carta d’identità” che ci aiuta a capire chi siamo oggi”. 
Giorgio Righetti, direttore generale di ACRI/Fondazioni for Africa Burkina Faso, ha aggiunto: “Le Fondazioni sostengono il Summit perché è un’opportunità di messa in rete delle realtà associative della diaspora, un’opportunità reale di ascolto e di dialogo che consente di migliorare i percorsi di integrazione e contrastare la paura della diversità”.
Anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è partner del Summit delle Diaspore. Tatiana Esposito, direttore generale all’Immigrazione e alle Politiche di Integrazione, è così intervenuta: “diventiamo tutti attori di questo progetto, non ci sono beneficiari o destinatari. Se costruiamo le politiche di integrazione concentrando l’attenzione sui migranti abbiamo fallito. Questo è il motivo per cui oggi siamo qui e parteciperemo alle attività dei prossimi 18 mesi”.

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